caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

HARRY A PEZZI regia di Woody Allen

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     7 / 10  26/04/2018 12:04:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Harry a pezzi" esibisce a sorpresa un Woody Allen del tutto inedito: sconcio e sboccato, immorale e blasfemo, del tutto privo di quelle connotazioni etiche che rendevano i suoi personaggi quasi dei maestri di vita e dei dispensatori di saggezza, anche quando erano inesorabilmente perdenti. Qui Woody-Harry è un anziano scrittore, laido e puttaniere, in crisi con sé stesso e con il mondo, "vuoto" e "senz'anima" come egli stesso confessa al suo psicanalista. Allen inventa una geniale metafora di questa condizione, mettendo uno dei personaggi dei suoi libri letteralmente "fuori fuoco", sfocandolo rispetto a oggetti e persone che lo circondano. Più che rappresentare una crisi soggettiva (come potrebbe apparire dai due autorevoli modelli presi in prestito, il Bergman de "Il posto delle fragole" e il Fellini di "8 e ½"), il regista americano sembra voler mettersi indecentamente a nudo, scandalizzare critici e benpensanti, prendere la libertà di dire quello che si sente (la qualità di dialoghi e battute è, come sempre, altissima; quello che cambia è la rinuncia a qualsiasi allusione o gioco di parole per evitare di disseminare il film di termini osceni e parolacce).
Sulla necessità di tale scelta si può disquisire a lungo, ma quello che importa è che il film funziona, non cade mai nel ridicolo (neanche quando inventa un rosseggiante inferno da helzapoppin) e mostra addirittura dei progressi tecnici grazie a uno stile di ripresa che – vicino a quello di "Mariti e mogli" – è sempre più godardianamente frammentato e saltellante. Se un limite si può trovare in "Harry a pezzi" è che, rispetto a opere come "Hannah e le sue sorelle", "Broadway Danny Rose" o lo stesso "Mariti e mogli", manca una adeguata struttura narrativa a supportare la frenetica invenzione creativa e a far cadere i sospetti che, in fondo, Allen rifà "Stardust memories" vent'anni dopo. La vorticosa girandola di personaggi veri e inventati (che alla fine si ritrovano riuniti in un sogno purificatore che è un vero inno alle capacità taumaturgiche dell'arte) è sì affascinante e divertente ma alla fine del film è lecito chiedersi se, proprio quando è finalmente riuscito a raggiungere la massima padronanza del mezzo cinematografico, a Woody Allen non si sia per caso appannata la straordinaria capacità di affabulatore e di narratore di parabole morali che sempre gli è stata riconosciuta.