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IL CORRIDOIO DELLA PAURA regia di Samuel Fuller

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ULTRAVIOLENCE78     9½ / 10  01/12/2007 20:29:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
FILM MAGNIFICENTE.

Se ne "Il grande uno rosso" l’intento di Fuller è quello di scandagliare la follia perniciosa e distruttiva dell'uomo dal punto di vista dei "sani", nel "Corridoio della paura" (cronologicamente antecedente) la visuale si ribalta al fine di mettere in scena le conseguenze dell'odio e della malvagità umana sulle persone più fragili e sensibili.
Il ragazzo nero, vessato della discriminazione xenofoba del proprio paese (espressione, tra gli altri, dell'inquietante fenomeno del Ku Klux Klan), lo scienziato la cui esperienza è stata piegata e strumentalizzata per scopi di sterminio (con l' ideazione e la fabbricazione delle bombe atomiche ed a idrogeno), e infine il ragazzo che per fuggire agli scempi ed alle nefandezze prodotti dalla società americana si è trovato inconsapevolmente coinvolto nelle alrettanto esecrabili azioni del movimento comunista russo, sono le vittime palesi di quella forma più dannosa e pericolosa della follia umana, cioè la cattiveria della società civile: la pazzia "sana" dei malati mente diventa l'effetto dei comportamenti abominevoli dei cosiddetti civili. Emblematici, ai fini di questa rappresentazione della follia, sono gli episodi di stupro e di omicidio che, all'interno del manicomio, sono stati perpetrati da un infermiere ai danni di due internati.
Lo Sguardo di Fuller, attraverso l'incursione del giornalista nel microcosmo degli alienati, si sofferma anche sugli opinabili metodi terapeutici utilizzati all'interno dei manicomi, che sembrano soltanto aggravare la situazione di squilibrio in cui versano i pazienti. A questo proposito, il precipitare di John nella sindrome schizofrenica e catatonica sembra determinata, più che dal contatto coi malati, dalla psicanalisi e dalle tecniche invasive applicate dal medico del manicomio, incapace di individuare la sanità mentale del suo paziente: in questo senso suona come tragicamente beffarda l'analisi del medico che, dopo mesi di insostenibili trattamenti, giunge a riconoscere dei miglioramenti in colui che un tempo era soltanto un impostore.
Ma al di là di tutto un sistema che si presenta viziato nei suoi fondamenti teorici, la causa primaria del delirio di John sembra essere John stesso, che con la sua irrefrenabile ambizione ha trasceso dei limiti invalicabili. Ciò pone la vicenda del protagonista di questo splendido dramma come paradgmatica: gli effetti disastrosi della smania del giornalista Barrett, tutto teso all'obiettivo di conseguire il premio Pulizer, rappresentano il riflesso di quella brama degenarata dell'umanità che da sempre cagionano nel mondo ineffabili catastrofi.

Semplicemente stupefacenti le interpretazioni dei due protagonisti.