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RAY DONOVAN - STAGIONE 1 regia di Allen Coulter, Greg Yaitanes, John Dahl, Dan Attias, Lesli Linka Glatter, Jeremy Podeswa

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Terry Malloy     10 / 10  19/06/2015 20:31:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ann Biedermann, una delle figure più singolari della letteratura contemporanea, signora cresciuta nella controcultura americana impersonata da frequentazioni con Leonard Cohen, Jefferson Airplane, Allen Ginsberg, ha inventato qualche anno fa un personaggio mirabile e una storia come non credevamo possibile ne nascessero ancora. Ray Donovan è una compiuta risposta al pulp postmoderno di Quentin Tarantino. RD si colloca nello spazio realista della serialità americana, ma ha la statura di un grande film tarantiniano. Dialoga a distanza con la cultura afroamericana, inserendosi nel panorama tecnico dell'immaginario (complottistico) hollywoodiano, e sviluppando una storia di intrighi famigliari degna dei Soprano (insieme a Tarantino, la musa ispiratrice di questa opera). Ray Donovan ha le complessità morali di un romanzo ottocentesco, e la leggerezza PoMo dei migliori prodotti televisivi degli ultimi vent'anni. Non l'analisi attenta del problema dello sfilacciamento famigliare (tipicamente americano, il continente con più mobilità individuale al mondo) attraverso la lente ingrandita e deformante del lutto, dell'atteggiamento psicologico e culturale nei confronti della morte che è Six feet Under. Ma nemmeno la pesantezza bovaristica di casa Soprano. Ray Donovan vive della concretezza del grande tema della letteratura contemporanea, lo strapotere degli imperi capitalistici nella vita delle persone (esemplificate da personaggi che vivono dinamiche più complesse delle nostre, che ne assaggiano il sapore, di questo potere, e ne vivono le contraddizioni), ma anche della leggerezza di una storia essenzialmente conchiusa nella sua sfera famigliare, familistica, quasi avulsa dalla contestualità che soffoca spesso (qualora non raggiunga risultati mirabili come in The Wire) l'individualità semplice dei personaggi finzionali. Non sono vittime di un milieu, ma lo vivono. Ogni puntata è una storia e ogni storia è raccontata fin da subito, per approfondirne ogni volta nuovi risvolti. Gli antagonisti, che sembrano legati a un intreccio di potere più alto di loro, vengono continuamente sconfitti da Ray, e fatti ritornare nel loro inferno, da cui saranno di nuovo plasmati per sfidare l'eroe un'altra volta, sotto nuove forme. O forse l'unica forma è quella dell'inferno privato di Ray, della moglie, dei figli, del padre e dei fratelli. Ognuno condanna l'altro a un baratro da cui per incanto torniamo vivi con una riconciliazione famigliare davanti ad ipad, pizze e canzoni degli Aerosmith. Ray Donovan è un eccezionale esempio di come si possa fare grande letteratura inserendosi nelle forme artistiche dell'oggi senza mutuarne del tutto gli schemi. Matthew Weiner, coautore dei Soprano, ha potuto creare Mad Men, la serie sul potere par excellence. Ann Biedermann ha raccolto mille umori diversi e ci ha raccontato una fiaba postmoderna, e per quanto spaventosa, ha la leggerezza inconfondibile delle storie di magia.
Cemmone  08/10/2016 23:34:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ottimo commento, a parte la tua competenza nello sviscerare la serie come "opera" e non come "prodotto", colgo lo stesso godimento a tutto tondo che ho provato e sto ancora provando io nella visione di RD.
Stupisce che ci siano solo 2 commenti per le tre stagioni....
Terry Malloy  10/10/2016 16:06:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
la ringrazio. Bisognerebbe discutere a fondo sulla differenza concettuale che ha segnalato.
Le serie tv qui su FS non sono molto seguite, e RD non è nemmeno tra le più mainstream.
La quarta stagione è bellissima, suppongo ne faranno un'ultima e poi speriamo chiudano il progetto.
Cemmone  11/10/2016 15:13:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho terminato di visionare la quarta stagione domenica..sembrerebbero essersi chiusi parecchi cerchi, se non tutti...per cui....una eventuale quinta stagione non immagino su cosa potrebbe imperniarsi..Rimescolare ancora le carte per quanto riguarda i rapporti famigliari...la morte di Terry forse, o ricadute per Abbie...ma a mio avviso si rischierebbe di diluirla, solo per motivi commerciali di audience....
Terry Malloy  12/10/2016 10:47:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
il rapporto tra Mickey e Ray è l'unico a costituire il motore della serie, quindi credo che o lo faranno morire oppure il personaggio raggiungerà la consapevolezza (unita a qualche milioncino) che i soldi non si fanno più alla stessa maniera di quando era ancora fuori dal carcere, accettando di essere, più che un furfante ricco con la passione per le donne di colore, prima di tutto il padre di una bella, anche se strana, famiglia.
Neurotico  20/06/2015 11:48:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ray Donovan è piaciuta molto anche a me, e un bel commento come questo la onora giustamente. Forzando un pò Ray Donovan potrebbe essere vista come uno spin-off di Pulp Fiction che approfondisce la vita di Winston Wolfe, il personaggio che "risolve problemi" interpretato da Harvey Keitel.
Le partecipazioni di John Voight e James Woods sono davvero eccellenti. C'è pure Elliot Gould.
Terry Malloy  22/06/2015 11:36:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eliot Gould interpreta il mio personaggio preferito della serie. Sono d'accordo con te per il resto. Personaggi spettacolari.