caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

EAT regia di Jimmy Weber

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  07/06/2017 10:31:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Capelli biondo platino, unghie laccate, occhi azzurri da bambolona, zeppa d'ordinanza: questa è Novella McClure, modella/attrice in cerca di ingaggio da ormai tre anni. Da un provino all'altro con poca fortuna e uno stato d'animo ormai vicino alla depressione. Il corpo fino a quel momento mezzo per sottolineare con forza il proprio successo ora simbolo di un fallimento senza fine: e quindi autolesionismo sotto forma di autocannibalismo (notevoli le scene gore) in sfregio a ciò è diventato quasi un fardello, incapace di garantire lavoro e relativi introiti con conseguente emarginazione sociale.
Indebitata e con uno sfratto sulle spalle la ragazza vive una sorta di tragica alienazione riflessa nel disagio psichico, sfogato nella negazione della figura rifiutata dal mondo esterno. Non privo di forzature e di situazioni al limite del surreale "Eat" penetra ugualmente nel dramma intimo senza mai risultare pedante, o peggio, ridicolo.
A spiccare sono colori caldi e brillanti, espressioni mendaci di leggerezza e tranquillità dove invece a dominare sono l'altrui sfruttamento e la disperazione. Jimmy Weber imbastisce una sceneggiatura articolata e piuttosto eccentrica, con snodi in cui è richiesta una forte sospensione della credulità (esempio: le azioni dell'amichetta del cuore sono fin troppo sopra le righe), tuttavia "Eat" riesce ad offrire riflessioni a livello sociologico di un certo spessore e soprattutto a rendere empatico un personaggio in cui la facezia glamour è travolta dal tormento interiore.