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YOUTH - LA GIOVINEZZA regia di Paolo Sorrentino

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Light-Alex     5½ / 10  26/09/2016 10:31:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con Youth siamo nel piano del cinema più autentico e più complesso anche da digerire per lo spettatore medio. Indubbiamente Sorrentino ha talento registico, tuttavia credo che questa sua peculiarità non lo salva in questo lavoro.
Youth non ha fatto breccia nel mio cuore, anzi, per larghi tratti mi ha annoiato.
Un paio di tematiche di base, i dualismi leggerezza-complessità, giovinezza-vecchiaia. Per svilupparli la sceneggiatura si avvale di un paio di dialoghi cardine del film e nella solita evocazione di figure immaginifiche da parte del regista, unite ad un uso ad hoc della colonna sonora.
Purtroppo però l'effetto non è quello sperato. I dialoghi non hanno particolare mordente, anche gli incisi che dovrebbero custodire la profondità del film, non convincono, non esaltano, non fanno riflettere. Sì c'è qualche spunto interessante, ma sulla leggerezza-complessità leggiamoci un Kundera che è meglio, mentre sulla giovinezza-vecchiaia ho visto decine di film migliori.
Anche la regia qui non ha la potenza espressiva della Grande Bellezza, non apporta slanci particolari al film. Irrita come Sorrentino debba puntualmente creare un certo climax su un personaggio e poi faccia naufragare quella narrazione in scene deboli e (credo volutamente) sgraziate. Tanto da farci sfuggire il senso della cosa, da lasciarci con un senso di incompleto.

Tra tutte annovero la scena di Caine che dirige l'orchestra di mucche, il lungo nudo della Ghenea con la frase finale piatta della coppia di amici anziani, la coppia di vecchi che si apparta nel bosco, la storia della Weitz che termina con uno sgraziato montanaro che la porta a fare arrampicata sportiva con annessa scena finale irritante, la vicenda di Paul Dano che naufraga in una messa in scena grottesca di Hitler, gli intermezzi con mangiatori di fuoco e bolle di sapone, le sequenze con la massaggiatrice che gioca a JustDance, il personaggio di Maradona.
Sorrentino insiste con questo suo modo di far cinema in cui vuole gettare pillole di presunta saggezza, perdersi in momenti di alta regia e poi sbatterci in faccia immagini grottesche, volutamente misere e fintamente squallide, in realtà molto estetiche.
Altre volte ha convinto: qui manca purtroppo una base solida su cui poggiarsi. Il messaggio è frammentato, non continuo, non supportato bene da una valide sceneggiatura.

Posso lodare solo sentitamente la capacità di gestire la colonna sonora, e la bellissima canzone originale di David Lang cantata dalla coreana Sumi Jo, che regalano un bel finale.