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KING KONG (1933) regia di Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     10 / 10  02/08/2007 21:54:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' il mio film americano preferito di tutti i tempi: un grande, grandissimo poema Tragico, e qui ognuno puo' trarre le debite conclusioni metaforiche sul gigantesco Scimmione, tra Divinità, simbolo sessuale, prototipo della disperazione Maschile (e dei suoi istinti bestiali, come l'Otello Shakesperiano) e via dicendo.
Tutto, ogni minima sequenza, lo rende ancora oggi immortale e stupendo: la stessa atmosfera lugubre e atemporale dell'Isola, con i volti impressionanti degli indios (sembrano filtrati da una dimensione fantasmagorica e occulta che li avvicinano agli zombies di Romero) fino al catastrofismo antiimperialista (progressista? chi lo sa) di tutta la parte finale, tra l'apoteosi dello "spettacolo da mostrare agli spettatori" cfr. L'ottava meraviglia del Mondo e l'indimenticabile finale nell'Empire State Building.

Ma è straordinario il fiuto produttivo di Cooper e Schoedsack, che raccontano un film nel film, dimostrando come realtà e fantasia possono essere del tutto arbitrari ai fini di una grande opera (è facile ravvisare qualche affinità con l'escamotage usato per Fay Wray allo scopo di farle interpretare il personaggio principale).

Superflui i tanti rifacimenti della storia, cfr. solo Peter Jackson (che ha però enfatizzato l'umanizzazione di Kong) ha fatto un dignitoso lavoro.

Ma il pathos e la spettacolarità che regnano in questa leggendaria opera (e anche i trucchi scenici, compreso il fatto che kong fosse un modellino ampliato e ingigantito per lo schermo) restano inimitabili.

Da citare, tra tantissime sequenze celebri, lo scontro tra Kong e un T-Rex

"La bellezza ha ucciso la bestia" già