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MONSIEUR VERDOUX regia di Charles Chaplin

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ULTRAVIOLENCE78     9½ / 10  22/04/2009 20:19:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come è stato ampiamente sottolineato e sviscerato, “Monsieur Verdoux” è il film di Charlie Chaplin che segna il “venir meno delle illusioni”. Smessi i panni di Charlot e abdicando a qualsiasi tipo di soluzione “favolistica”, il regista inglese si sofferma ad enucleare una visione del mondo negativissima, fondata su un realismo quanto mai lucido che intride tutta la narrazione, salvo qualche caduco sprazzo di moderata speranzosità. Se Frank Capra aveva ritenuto opportuno rispondere alle catastrofi appena concluse con un’opera ottimistica di carattere “fiabesco”, che faceva leva sul proposito di stimolare un sentimento di fiducia verso il futuro e, più in generale, verso l’uomo, evidenziandone gli aspetti positivi: su tutti, quello legato alla solidarietà; il periodo post-bellico costituisce, invece, per Chaplin l’occasione di mettere in luce la disumanità imperante e senza soluzione cui è destinato il vivere sociale, partendo dalla storia personale del protagonista, coattivamente avvinto a una catena di sfruttatamenti, per poi allargarsi fino alla nefaste esperienze storiche dei regimi e della seconda guerra mondiale. Ad animare tutte le vicende, da quelle particolari di cui è protagonista Verdoux a quelle generali vissute tragicamente nella realtà, sono gli affari quali simbolo del senso di sopraffazione e della cupidigia innati(?) nell’uomo. E dalla presa di coscienza sulla negatività insita in tali vicende scaturiscono le riflessioni esistenzialiste di Chaplin, le quali costituiscono il “discrimen” rispetto alla portata ideologica dell’opera di Capra: dal sì alla vita incondizionato di quest’ultimo si passa ai dubbi dilaceranti sull’opportunità di venire al mondo che, al contrario, sono radicati nel pensiero di Verdoux. Se, dunque, ne “la vita è meravigliosa” l’esistere del soggetto (incarnato dal protagonista George Bailey) è, a conti fatti, benefico per sé e per gli altri, nell’opera di Chaplin si assiste ad un ribaltamento della prospettiva: qualsiasi proponimento volto a far del bene è schiacciato dallo svolgersi infausto degli eventi, il cui decorso induce coattivamente l’individuo a compiere ed a subire il male. Ed, alla fine, anche la purezza d’animo, rappresentata dalla ragazza soccorsa (e risparmiata) da Verdoux, quella che sembrava la zona franca in una mare di ingiustizie e che dava vita ad un barlume di speranza; ebbene anche tale purezza si macchierà piegandosi alle lusinghe ed alla necessità (imposta) del denaro (peraltro proveniente dalla compravendita di armi) che, ancora una volta, si rivela, nella sua valenza metaforica, il “terzo” vincitore nelle umane vicissitudini.
Nel finale si assiste alla lucida, pacata e sarcastica requisitoria di Verdoux contro l’ipocrisia delle istituzioni, che si accaniscono per i delitti perpetrati quasi “per costrizione” dal singolo e giustificano quelli arbitrari, e di proporzioni incommensurabilmente più grandi, commessi dal Potere.