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CELEBRITY regia di Woody Allen

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kafka62     7 / 10  12/05/2018 18:53:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Si impara molto da una società osservando il modo in cui essa crea le sue celebrità": questa, suppergiù, è la battuta che sintetizza meglio la morale di "Celebrity". E, a giudicare dai personaggi corrotti, fatui, nevrotici e puttanieri che vediamo passare sullo schermo, la società americana di fine millennio non se la passa affatto bene. Non c'è nessuna pietà nel giudizio impietoso di Woody Allen, nemmeno quella che egli di solito usava riservare alle vittime dei suoi perversi meccanismi narrativi: nemmeno l'arte (classica ciambella di salvataggio dei suoi film) riesce a salvare Kenneth Branagh dal suo fallimento esistenziale, in quanto l'amato manoscritto finirà gettato nel fiume dall'ennesima fidanzata tradita e abbandonata. Ma anche l'happy end che corona la parallela vicenda di Judy Davis è solo apparente: venduta l'anima al diavolo per avere i suoi "quindici minuti di celebrità" in televisione ("Sono diventata proprio il tipo di donna che ho sempre odiato" confessa). Non si salva proprio nessuno nella pellicola di Woody Allen, e la scritta "HELP" disegnata nel cielo di New York dai fumogeni di un aeroplano sembra simbolicamente accomunare tutto il pubblico dei vip accorsi alla prima del film alle cui movimentate riprese avevamo assistito all'inizio.
Anche se la filosofia di Allen è sempre più dolorosamente pessimistica (ormai non è più tempo di psicanalisti, conviene per risolvere i propri problemi andare direttamente a lezione di sesso orale da una professionista o farsi leggere le carte da una fattucchiera), la galleria di situazioni, battute e personaggi di "Celebrity" rischia fatalmente di peccare di ripetitività: Branagh e la Davis sembrano gli alter ego della coppia Allen-Farrow di qualche anno prima, e la loro vicenda (soprattutto il rovesciamento speculare dell'equilibrio iniziale) ricorda troppo quella di "Mariti e mogli". Si tratta di un deja vu delizioso, divertente e stilisticamente perfetto, ma ormai Woody Allen, pur da grandissimo mestierante qual è, sembra aver perso la capacità di stupire, concedendosi al più qualche battuta autoironica in più (come quella che un personaggio pronuncia prendendo in giro "l'orrendo bianco e nero" che certi registi d'avanguardia si ostinano ad usare).