caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

THE WOLFPACK regia di Crystal Moselle

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6 / 10  19/05/2016 11:30:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'incredibile storia dei fratelli Angulo ha luogo a New York, nel Lower East Side. Sei maschi e una femminuccia costretti dalle bislacche idee dei loro genitori a vivere reclusi, impossibilitati ad uscire, sottratti al diritto di avere una vita normale come qualsiasi adolescente. Non è una storia di abusi, o almeno non nel senso stretto del termine, più una storia di negazioni vissute dai ragazzi con una certa serenità, soddisfatti delle rarissime sortite che i loro "carcerieri" concedono.
Il mondo dietro quelle fatiscenti mura resterebbe un mistero se non fosse per le grandi passioni dei protagonisti, ovvero musica e cinema. Una nutrita collezione di dvd funge da precettore, istruisce e aiuta a passare il tempo. I ragazzi sono infatti formidabili nel riprodurre i loro film preferiti. Le ricostruzioni sono talmente minuziose da indurre una perquisizione da parte di una squadra S.W.A.T., convinta della presenza di armi, in realtà giocattoli costruiti per la messa in scena de "Le Iene", uno dei film prediletti dal gruppo.
Inevitabile giungere ad un punto di rottura, una maschera di Michael Myers e una buona dose di coraggio sono sufficienti a demolire le costrizioni fin lì poste senza alcuna deroga. Gli Angulo ora sono liberi, e forse anche i loro genitori insieme alle paure di cui sono stati preda per una vita.
Quest'incredibile campana di vetro viene ricostruita da Crystal Moselle, che per cinque anni ha raccolto materiale poi confluito in questo documentario. Sicuramente "The Wolfpack" è un ritratto socio-antropologico interessante ma incapace di andare oltre l'ovvietà. La volontà di non giudicare scelte a dir poco folli sembra stoppare la doverosa indagine, limitata ai deliri filosofici e religiosi del padre fannullone e bevitore (e pure manesco con la consorte) e quelli di una madre più squilibrata che succube.
Purtroppo oltre la superficie non si va, il racconto giunge didascalico e le vere motivazioni restano oscure, nascoste dall'incapacità di cogliere in pieno la palese eccezionalità del contesto, con emozioni ibernate in sequenze mai adatte a restituire la meraviglia della scoperta e la gioia dell'emancipazione. Resta, almeno per i cinefili, la soddisfazione di poter ribadire ancora una volta il potere salvifico della settima arte.