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DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES regia di Jaco van Dormael

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hghgg     7½ / 10  21/01/2016 12:48:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un po' poetico e amaro, un po' crudissimo, irriverente e satirico, un po' surreale e assurdo e alla fine anche un po' consolatorio. Unisce una discreta quantità di elementi il nuovo film di van Dormael e lo fa dosandoli tutti bene, con classe e tatto, risultando riuscito nei momenti più feroci così come in quelli più delicati che, a ben vedere, nella seconda parte del film finiscono per prevalere e un pochino il gusto di godermi il dio bàstardo e figlio di pùttana di Poelvoorde me lo ha tolto.

Così la piccola sorellina di J.C. (il solito fricchettone che alla fine è pure simpatico dai, spassosi i dialoghi tra lui e la sorella minore) tenta di migliorare un mondo dominato dal proprio padre, un dio bàstardo, insensibile, sadico, gretto, un dio che prende a cinghiate sua figlia di dieci anni, un dio che ha come unico divertimento quello di infliggere dolore alle proprie creature attraverso il suo computer, unico strumento di potere in possesso di un dio che è anche ciarlatano e inutile una volta sceso sulla Terra, dove subirà una serie di sfìghe e umiliazioni quasi come un'inconsapevole vendetta della propria creazione. La scena in chiesa con il prete (e il fricchettone in croce che se la ride) in questo senso è forse la migliore del film.

Tutto questo con un Benoit Poelvoorde (maestro degli sconvolgimenti e dell'irriverenza shockante, si vadano a ripescare i suoi esordi) in forma smagliante e perfettamente calato nella parte, per altro ottimamente doppiato dal solito Mino Caprio. La parte cruda è tutta qui ed è parecchio cruda.

Il resto del film, con protagonista la bambina e la sua ricerca di 6 nuovi apostoli, è di stampo dolce-amaro, riflessivo ed esistenzialista. Bello, anche se non eccelso. Piacevole anche se non così memorabile.

In mezzo si stempera con alcuni teatrini dell'assurdo, come i sogni creati dalla bambina, Ea, per due dei suoi nuovi apostoli (la mano danzante, il pesce canterino) o tutta la parte del rapporto tra Catherine Deneuve e il gorilla (manco con Bunuel!) che a vederla viene da pensare: "Catherine Deneuve o è veramente una grande attrice o è completamente pazza" però è una grande davvero.

Il punto focale del film è la rivelazione che Ea concede all'umanità, il motore che spingerà i personaggi a cambiare le loro vite, a dare un senso ad esse in attesa del giorno prestabilito.

Fino al raggiungimento del numero 18 e quindi il finale, consolatorio e per me non così esaltante ma che resta sulla linea di originalità del film buttandosi ancora una volta nei toni colorati del surreale.

Jaco van Dormael, regista poco prolifico ma sempre convincente, regala quindi un'altra piccola perla al pubblico, un film particolare che sa bilanciarsi bene tra perfidia e dolcezza, sa accarezzare come sa sputare su dio. Una buona prova.