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IL DIRITTO DEL PIU' FORTE regia di Rainer Werner Fassbinder

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amterme63     7½ / 10  30/11/2012 22:37:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Altra ben fatta opera di Fassbinder sullo scacco di una persona normale, qualunque, una persona "debole" che fallisce nella sua ricerca di identità, di affetto e di verità; viene sfruttato, stritolato dai meccanismi sociali e ridotto a cercare rifugio liberatorio nella morte.
Si tratta dello stesso modello portato alla perfezione emotiva in "Un anno con 13 lune". In questo film il tema in questione s'intreccia con una delle più feroci critiche cinematografiche all'alta borghesia tedesca, ritratta come cinica, opportunista, ipocrita, falsa, nonché schiava delle maniere e degli oggetti, che si traveste di magniloquenza e bellezza mentre in realtà è quanto di peggio possa esistere in società.
In questa sua estetica dello scacco e del pessimismo esistenziale, Fassbinder non poteva che ritrarre quasi esclusivamente personaggi negativi e grotteschi, nonché ambienti degradati ed estremizzati. Ne fa le spese il mondo omosessuale, rappresentato senza pietà, come tutta la realtà e l'intera società del resto. Quindi neanche la categoria a cui Fassbinder faceva parte viene risparmiata dalla sua critica dissacrante e demolitrice di illusioni e certezze. Ciò non fa che mettere in luce la grande onestà intellettuale e l'estrema coerenza di Fassbinder.
Il suo cinema si inserisce a pieno titolo nella temperie stilistica di metà anni '70, in cui si restaurava visivamente il grande cinema del passato, riempiendolo però con la disillusione del presente. Fassbinder è stato il resuscitatore della splendida sintesi visuale raggiunta da Sirk nei suoi melodrammi. "Il diritto del più forte" è uno dei più chiari esempi. Tutte le inquadrature, le posizioni e i lenti movimenti dei personaggi, la presenza significativa degli oggetti fra cui gli immancabili specchi, tutto è studiato e messo in scena con grande perizia e arte. Certo fa veramente impressione vedere le scene una volta dedicate a grandi amori eroici e contrastati ma artisticamente vincenti, adesso rappresentative di duri e inesorabili fallimenti. Invece di procurare commozione, si procura dolore, rammarico e perché no, anche pietà, anche se probabilmente non era certo questa l'intenzione diretta di Fassbinder, che più che altro voleva stimolare nello spettatore la diffidenza verso ciò che appare bello e perfetto, l'avversione verso il potente e l'ipocrita, portare a vedere la realtà umana in faccia senza tante illusioni o false speranze.
"Il diritto del più forte" rispetto ad altri film soffre però di lentezza e scarso sviluppo dei caratteri. La parte centrale si trascina a lungo senza "progredire", riproducendo lo schema già noto allo spettatore fin dall'inizio. Non è uno dei film più riusciti del grande regista tedesco, secondo me.