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LE LACRIME AMARE DI PETRA VON KANT regia di Rainer Werner Fassbinder

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amterme63     9 / 10  12/11/2012 18:34:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono rimasto ammaliato fin dalle prime scene. Dal punto di vista dell'interazione rappresentazione-immagine è perfetto. Gli oggetti inquadrati, il modo con cui vengono inquadrati, il fluire delicato dei punti di vista, i continui rimandi di significato fra parole-espressioni-ambiente-immagine sono quanto di meglio l'arte cinematografica possa esprimere. E' questo il segreto dell'interesse continuo nella visione di uno dei film più teatrali mai realizzati. Dalla prima all'ultima inquadratura non si esce mai dalla stanza di Petra von Kant (e anche questo è determinante per il significato-messaggio del film), eppure non si sente noia, fastidio, rifiuto, proprio perché c'è sempre qualcosa di nuovo, un punto di vista differente, uno sviluppo interiore, un accostamento originale. E' uno scorrere continui di stimoli etici ed estetici. Ecco la grande forza, la perfezione del film.
Il tema trattato è molto interessante, coinvolgente e profondo. Si tratta di una spietata critica all'inautenticità borghese, una crudele disamina degli atteggiamenti di dominio e sfruttamente che questa classe crede di avere sul resto del mondo. Invece si denuda senza pietà l'ipocrisia imperante, l'aridità, la brama di possesso e soprattutto la durezza, la solitudine, la debolezza (proprio in chi si credeva "forte").
La prima parte ci mostra la parte "pubblica" di Petra von Kant (una stilista di successo, molto snob e borghese, di aspetto androgino e dominante), come vuole mostrarsi al resto del mondo: cinica, disillusa, orgogliosa. Tutto nel rispetto delle formalità borghesi (mostrate in maniera quasi grottesca e falsa). Mostra soprattutto una pretesa di controllo su se stessa e gli altri, l'altezzosità data dal raziocinio sicuro di sé, convinto di capire tutto e tutti e di potere dominare a piacimento.
La seconda parte mostra invece (impietosa) il crollo delle illusioni. Petra von Kant perde il controllo dei propri sentimenti, cede agli istinti, alla brama del possesso. Non può pensare di non avere l'oggetto dei suoi desideri (Karin, una proletaria dolce e bella che nasconde invece scaltrezza e opportunismo) e capricciosa e stizzosa cade in una spirale di annullamento di sé e di umiliazione (lei che disprezzava questa parola), non riuscendo a convincersi di essere debole e perdente. Se ne accorgerà in una scena drammatica bellissima, stupenda (viene i brividi a vederla) in cui il dolore della perdita dell'oggetto ambito non le fa vedere che altri invece le vogliono bene. Tutta presa nelle sue ossessioni non se ne accorge.
Lei che pretendeva di vedere e sapere tutto non si accorgeva invece che l'amore abitava già lì presso di lei. Il singolare e affascinante personaggio di Marianne (sempre vestita di nero, mai una parola di bocca, sempre cortese e servile) può significare tante cose. A prima vista rappresenta il lato "masochistico" del rapporto sotterraneo fra Petra e Marianne (con Petra che semplicemente usa e basta Marianne). In realtà la cosa è più complessa, perché quando alla fine Petra sola e completamente a terra si accorge di Marianne e vorrebbe coinvolgerla attivamente nel proprio mondo, lei si ribella e rifiuta. Perché? Perché non ha più il ruolo masochista? Oppure perché semplicemente il suo amore era stato fino ad allora puro, spontaneo, naturale, senza chiedere niente in cambio, soprattutto non "razionalizzato". Quando invece Petra lo vuole portare a galla e lo vuole gestire a suo modo, allora Marianne si sottrae perché sa che non sarà più lo stesso, non sarà più spontaneo e come viene. Entra nella stritolante e arida logica opportunista borghese, che mescola sentimento e affare, fa dell'amore una questione commerciale con dare e avere. Questa è la mia interpretazione.
Questo film è quello di Fassbinder che assomiglia di più a Bergman (una fine disquisizione dei sentimenti con crisi finale) e in qualche maniera anche a Dreyer (l'uso significante degli oggetti e del fluire delicato del punto di vista).
Sotto traccia c'è anche il tema cardine della filmografia di Fassbinder: l'impossibilità di ottenere la felicità e il rifugio nella morte.
amterme63  12/11/2012 23:18:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho confuso Marlene con Marianne. Mi scuso.
Marco Iafrate  14/11/2012 22:51:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'accostamento a Dreyer è audace ma qui ci può stare, incredibile film Luca, ero sicuro che ti avrebbe colpito.
Complimenti per l'analisi, come approfondisci la psicologia dei personaggi tu, riescono a farlo pochi altri.
amterme63  15/11/2012 13:49:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' vero, l'accostamento è audace. Più che altro Dreyer lavorava di sottrazione, mentre Fassbinder carica, intensifica. Però l'effetto è lo stesso: gli oggetti sono coinvolti molto attivamente nella formazione dell'effetto della scena. Ed è una cosa non facile, solo pochi registi ci riescono ...
Grazie mille, Marco, per i complimenti.