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STEVE JOBS regia di Danny Boyle

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     7½ / 10  01/02/2016 18:37:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è la classica biografia, ancor meno agiografia, che in questi anni ha accompagnato la celebrazione di Jobs in celluloide, il risultato è un biopic apocrifo disconosciuto dalla famiglia e dalla Apple, partorito da un Sorkin che va a tastare di persona con le persone direttamente coinvolte negli affari di Jobs con l'intento di approfondire il Jobs umano, un manifesto freddo e lucido su un uomo dall'ego strabordante, idealista, ambizioso, trascurante la figlia, la prima che riconobbe soltanto 8 anni dalla nascita, e a cui solo nel finale nel momento di lanciare il Macintosh Apple, riconosce le proprie mancanze (qui anche Sorkin si fa buono).
Tripartito in 3 momenti chiave, il dietro le quinte di 3 lanci sul mercato: Macintosh 128K, il cubo della il cubo NeXT Computer e appunto il Macintosh targato Apple, a Sorkin infatti non interessa celebrare il genio della mente di Jobs ma i confronti con Steve Wozniak (un ottimo Seth Rogen che sulla falsariga di Jonah Hill si ricicla in ruoli decisamente più impegnati), con John Sculley l'uomo che lo cacciò, il montaggio qui regala la vetta dell'opera, il simultaneo confronto nel momento in cui venne deposto e rimesso sul trono, riabilitando in parte la figura di Sculley, il programmatore Andy Hertzfeld (notevole anche Michael Stuhlbarg), la prima famiglia, un parassita per un Jobs che si sentiva come Giulio Cesare in cui tutti cospiravano dietro, conseguenza che portò la fuga di cervelli per un Jobs incapace di riconoscere il lavoro della Apple 2.
Parte in media res, i primi 20-25 minuti hanno un ritmo e un coinvolgimento magnetico, dopodiché Sorkin dà per scontate alcune conoscenze su Jobs, pertanto procede retto nelle sue ellissi, l'ingiusto flop al botteghino è da ricercarsi anche su un prodotto che poco tenta di farsi empatico, lo stesso protagonista fa di tutto per non esserlo, Fassbender che tra l'altro ha una consistenza come attore che mi rammenta molto D. D. Lewis, uno che se un domani dovesse ricoprire il ruolo da eterno passivo di Robin sovrasterebbe lo stesso Batman. Peccato per il diniego di Fincher, comunque Boyle buon ripiego, si muove su sentieri tracciati da Sorkin, misurato evita inquadrature classiche regge anche sul piano della dinamicità rispetto ad uno script fondamentalmente lento ed immobile.