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IL CLUB regia di Pablo Larraín

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  25/02/2016 11:14:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sulla costa, leggermente occultata dalla perenne bruma portata dall'oceano, c'è una casa in cui vivono una donna e quattro uomini. Non è una prigione vera e propria, ma i residenti si sono macchiati in passato di tremendi atti, motivo per il quale sono stati nascosti agli occhi del mondo, sepolti come polvere sotto il tappeto.
La donna è un ex suora eletta a blando secondino di un gruppo di sacerdoti, ormai impossibilitati ad esercitare, in quanto incarnazione corrotta alimentata dal potere conferito loro. Pedofilia, abusi su minori, commercio di neonati, torture; i quattro disgustosi peccatori vivono in modo frugale ma senza affanni in quel purgatorio isolato, impegnati a coltivare ancora il vizio sfruttando un levriero per appagare l'avidità materiale.
Il loro monotono mondo viene però sconquassato dall'arrivo di un nuovo sacerdote, incalzato da quella che fu presumibilmente una sua vittima. Le cose precipitano, ci scappa il morto e l' indagine interna diventa inevitabile, messa in moto da un prete di nuova generazione ma dai metodi arcaici, quasi inquisitori, tra l'altro, a sua volta, tentato dal peccato in quanto incapace di sfuggire la sua plagiabile natura di uomo.
Ed è questo il fulcro concettuale del film, infatti non siamo in presenza di un pistolotto anticlericale o avverso al sacerdozio, Pablo Larrain mette semplicemente a nudo la debolezza umana al cospetto del serpente tentatore. Al tempo stesso condanna l'occultamento preventivo, l'immunità e tutti quei mezzucci cui la chiesa ricorre per salvare i suoi rappresentanti, cercando di evitare accuratamente scandali o imbarazzanti inchieste.
Il regista cileno, da sempre artefice di un cinema frontale e schietto, veicola l'orrore attraverso le parole, dialoghi o monologhi in cui nulla viene nascosto allo spettatore, schiaffeggiato verbalmente con irruenza a tratti insopportabile.
Ricordando poi la precedente trilogia -composta da "Tony Manero, "Post Mortem", "NO - I giorni dell'arcobaleno"- dedicata da Larrain al proprio paese dilaniato dalla dittatura del generale Pinochet, è impossibile non cogliere il prepotente reiterarsi quasi metaforico, in cui l'abuso sul più debole si protrae da sempre per lo più impunito.
In questo caso però Larrain evita facili accomodamenti, c'è una pena da scontare. Ed erge la stessa al centro di quel grigio oblio, dove convivere ogni giorno con la prova tangibile delle proprie colpe è come un bruciare lentamente tra quelle fiamme infernali, troppe volte invocate a sproposito.