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LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT regia di Gabriele Mainetti

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  04/10/2016 10:47:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sorprende Gabriele Mainetti, il quale, dopo tre interessanti corti dai quali già si evinceva il grande amore dell'autore per l'animazione giapponese -qui ribadita chiaramente- riesce nell'impresa di farsi produrre e distribuire (in Italia!) un film di supereroi, ma soprattutto a realizzare un film convincente, perfetto nel reinterpretare con personalità i capisaldi del fumetto d'oltreoceano. La sua è una storia di malavita, riscatto e amore all'ombra del Cupolone con deviazione nella borgata di Tor Bella Monaca. Qui vive Enzo, ladruncolo da quattro soldi con la passione per il porno e i budini, qui vive Alessia, figlia di un altro tizio poco raccomandabile, rimasta shockata dalla morte della madre e ora in fissa con l'anime di Jeeg Robot.
I ricordi dei meno giovani vanno alle imprese di Hiroshi Shiba, mentre debolezza e forza si fondono nel personaggio femminile principale, fin troppo caricaturale ma snodo risolutivo, motivo del cambiamento di Enzo, che da disadattato con superpoteri prende coscienza del nuovo ruolo cui si dovrà far carico. Come spesso nei cinecomics capita il riscatto degli emarginati è servito attraverso un percorso durissimo, in cui l'ostacolo da superare è questa volta incarnato dal pericoloso Fabio, detto "Lo Zingaro" ".
Se con Alessia la commistione tra humor, dramma e grottesco convince in parte, altrove funziona alla grande, merito di una sceneggiatura molto ben calibrata e resa vincente da due attori di ottimo livello come Claudio Santamaria e Luca Marinelli. L'antagonismo è scontato nei caratteri, non però nell'elaborazione degli stessi.
Misantropo, timido e riservato il primo, completamente esagitato e folle il secondo, capace di spaventosi raptus ma anche di trasformazioni ad ambigua connotazione sessuale con imperdibili esibizioni canterine dal sapore nazionalpopolare. Marinelli è il fiore all'occhiello dell'operazione, sempre sopra le righe ma incredibilmente bravo a non sfociare nell'elementare macchiettismo, restituisce un personaggio arrogante e narciso, per il quale il successo più che al denaro ed al potere è legato all'apparire. E' il personaggio più controverso, specchio dei nostri tempi in cui la fama è tutto.
Lo scontro è ben riuscito, senza maschere o tute adamitiche ma con poteri che sfociano in botte da orbi supportate da effetti speciali all'altezza in cui svetta piacevolmente l'arte d'arrangiarsi, sino a raggiungere un finale soddisfacente anche se un pelo meno incisivo rispetto al resto.
Ora non resta che aspettare e vedere, di certo dopo "Lo chiamavano Jeeg Robot" sperare in un rilancio del cinema italiano di genere non appare più un'utopica quanto pia illusione.