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HENRY & JUNE regia di Philip Kaufman

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Woodman     7½ / 10  07/09/2014 13:01:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando le ossa di un film sono fragili non necessariamente viene compromessa l'anima. Il filo di ferro per l'armatura è mal fissato e deperito, riciclato da un cassetto pieno di polvere. La ruggine, sebbene graffi e sporchi il tutto, viene nascosta dal fine lavoro di decoro, riparazione per la vista, banchetto sopraffino per la bocca.

"Henry & June" risponde a pieno titolo al caso appena presentato.
Se la sceneggiatura traballa e, purtroppo, a tratti sprofonda, il lavoro alla regia è sontuoso, tendente all'impeccabile.
Peccato rimanga intorbidito dalla debolezza di fondo, la quale solo in parte viene mascherata dall'estetica.
Il tutto si risolve come un assurdo abbraccio fra orrido e sublime.

Insomma, una pagliacciata lussuosa, che, al seguito di sviolinate e lacrime nere, perfino emoziona.
E' un film a modo suo sincero, che involontariamente mette in chiaro la posizione del Cinema biografico: anche con la più meticolosa ricostruzione ambientale, mimica, espressiva, storica, il succo autentico rimane nascosto, e spetta, a discrezione del regista, come e soprattutto cosa mostrare sul piano dell'anima. Che resta una libera interpretazione, dedotta da uno studio accurato (qui presente e in più punti verificabile), funzionale allo scatto interpretativo, intimo, personale.
La scelta di Kaufman, per me, è sublime: in difesa dell'ermetismo, senza concedersi alla ridondanza e alla dimostrazione, propende allo sguardo e al corpo, seguendoli con un uso pacato e stoico della macchina, mezzo suggeritore più che comunicativo.
E' dunque un film sulla fisicità, senza fisicità.
Come contenuto è quindi lunatico, imprendibile: indeciso se adagiarsi sul descrittivo o se azzardare metafore sulla scia dei cromatismi, regalando nel frattempo intense pagine di erotismo affogato nei fumi stordenti e rilassanti dell'oppio, oltrechè splendide e conturbanti immagini violacee.
Non si segue uno sviluppo cosciente, ma si arriva alla fine, sballottati fra un'indecisione visiva e l'altra, straniati, sazi e persi nel vuoto.
Già, perchè, nonostante la sua deformità, la sua struttura da torta semi esplosa, "Henry & June" si rivela un'opera di immensa classe e imprimente estetica, talora ingenua, talora spiazzante, con un rispetto raro.
Narrativamente scialbo, emotivamente irsuto ed eccedente, imperniato sull'ossimoro convenzionale del troppo e del poco, trattando con quiete raffreddata un universo carico di pulsioni, risultando alla fine sommessamente straziante, il film appartiene ai corpi, specialmente a quelli calorosi e sensuali delle due donne, con ovvio spicco della memorabile Thurman, degnissima femme fatale, fra perversione, capriccio e puerilità, dal destino incerto ma ovviamente diretto verso l'oblio, terribili e dolenti riflessi presagistici in quegli occhi vitrei e spiazzanti, una sicurezza che maschera instabilità e irrequietezza, quasi un emblema dello stesso film.

All'occasione, da recuperare.