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AMICI MIEI ATTO II regia di Mario Monicelli

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amterme63     7½ / 10  15/03/2012 21:42:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' molto difficile riuscire a girare una degna prosecuzione di un film capolavoro e purtroppo Monicelli con "Amici miei atto secondo" non ci è riuscito.
Il film del 1982 manca della magia e del perfetto equilibrio commedia-realtà che rendeva il film del 1975 qualcosa di speciale e perfetto nella sua singolarità. "Atto secondo" è una normale commedia che rientra in tutto e per tutto nei canoni tradizionali del genere, è insomma un buon lavoro ma non l'opera che tocca l'animo e rimane profondamente impressa come invece faceva "Amici miei".
Monicelli per il proseguo del grande successo del 1975 sceglie di non variare i personaggi o le tipologie di storie raccontate e quindi in qualche maniera rimane prigioniero degli schemi già creati, facendo trapelare alla lunga la sensazione di ripetizione e stanchezza. Certo le gag e le invenzioni sono divertenti, ma è il contesto generale che le fa apparire come artificiose e arbitrarie, quasi cercate a bella posta. Non è più il fluire di una storia umana, il sensibile dibattersi di caratteri in agognante e vana ricerca di qualcosa, ma la ripetuta esposizione di situazioni di finzione comica. La stilizzazione prevale e soffoca la vita vissuta.
Di conseguenza i caratteri e le scene si estremizzano e si cristallizzano. Prevale lo spirito disincantato, disumano e cinico tipico di tante opere di Monicelli. Viene perso il ruolo di equilibratura e disincanto che avevano i caratteri "seri" nella prima parte (un ruolo importantissimo ed essenziale a rendere dialettico e profondo il significato del film). Queste figure adesso sono ridotte a macchiette, a stereotipi, molto meno umane rispetto alla prima parte. I protagonisti stessi sono più inquadrati e meno approfonditi. Il loro bisogno di evasione e trasgressione diventa quasi fine a se stesso e supera qualsiasi altra considerazione (come quella della solitudine o dell'affetto della persona cara). A volte si fa quasi fatica ad empatizzare con i protagonisti, da quanto sono "cattivi" e cinici, anche nei confronti delle persone che si curano di loro (vedi l'atteggiamento del Perozzi nei confronti del figlio, nei cui confronti nella prima parte provava comunque affetto e cura). Sono figure comiche, non più esseri umani presi dal reale.
Finisce che il personaggio più credibile e riuscito sia quello recitato da Paolo Stoppa, delineato davvero in maniera perfetta ed espressiva, viva e convincente. Senz'altro Paolo Stoppa è l'attore che ha recitato meglio nel film.
La voglia di puntare sulla rappresentazione stereotipa più che su quella reale la si nota anche nella scelta delle location, stavolta quelle più famose e conosciute, ma più lontane dal vivere reale.
In linea con il disegno di seguire degli schemi (più che l'irregolare e contraddittorio svolgersi umano), il finale ricalca alla rovescia quello della prima parte. Non è più la risata che irrompe in mezzo al dolore, la voglia di vita che passa sopra anche alla morte; adesso è il pianto che si frappone alla gioia, la sensazione di morte e fine che soffoca qualunque tentativo di vivere.
Il finale è forse la scena più complessa del film. Io la interpreto come la condanna e la presa di distanza nei confronti dei protagonisti: tutto il loro agire spensierato e cinico finisce nel niente, nella presa di coscienza della sconfitta e della fine inesorabile. Insomma tutto si risolve in "tanto rumore per nulla", la vita in pratica è stata spesa inutilmente. Chi vince alla fine è il dolore e fingere stavolta è solo patetico e inutile.