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ARRIVAL regia di Denis Villeneuve

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6 / 10  26/01/2017 11:05:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Convince in parte la fantascienza intimista di Dennis Villeneuve, quasi un intenso allenamento -in vista dell'attesissimo sequel di Blade Runner- per l'autore canadese che apparecchia con maestria ma risolve in maniera discutibile, filosofeggiando alla Malick senza riuscire ad emozionare pur toccando tasti delicatissimi, su tutti quello dell'amore di una madre per la figlia.
Montaggio interessante in cui flashback e flashforward, oltre al presente, si intersecano disegnando movimenti temporali circolari che ricordano il linguaggio di quegli strani alieni eptapodi giunti sulla Terra a bordo di astronavi dall'aspetto austero. La connessione tra modo di esprimersi e quello di pensare sta alla base di una differenza fortunatamente orfana dello scontro bellico, centrata invece su concetti geometrici inerenti lo scorrere del tempo.
Per venire a capo del mistero degli alieni piazzati in dodici diversi luoghi del pianeta vengono chiamati in causa un'esperta linguista e un genio della matematica, i quali dovranno fare i conti con la solita ottusità militaresca e con il banale predicozzo sull'incomunicabilità tipica degli esseri umani, qui acuita dalla presenza di forme di vita sconosciute.
Sempre più in ascesa Amy Adams, mentre Renner, finalmente in un ruolo non muscolare, viene lasciato in disparte, in quanto la chiave di volta per la comprensione sta tutta nel microcosmo creatosi tra madre e figlia, ovvero le vere protagoniste, utilizzando così l'amore per eccellenza (quello di un genitore per un figlio) come viatico per un incontro in cui offerta e richiesta d'aiuto reciproca cercano un disperato punto d'incontro (perdendo comunque di logica rispetto al romanzo originale considerate le variazioni apportate).
Fondamentalmente Villeneuve si conferma uno tra i registi più interessanti in circolazione: messa in scena e gestione della tensione sono tutte da godere, seppur in questo caso perda smalto nell'epilogo reso fin troppo stucchevole e cervellotico quando si sarebbero tranquillamente potuti evitare snobistici ghirigori narrativi, in aggiunta c'è la fastidiosa sensazione dello stratagemma della lacrima facile, espediente al quale un autore del suo calibro non dovrebbe ricorrere con tale sfacciata insistenza.