caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

COME IN UNO SPECCHIO regia di Ingmar Bergman

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Beefheart     7½ / 10  30/08/2007 20:27:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Film definito dallo stesso regista come "un caso di isterismo religioso". In effetti la storia, concentrata nell'arco di un week-end al mare, racconta di una donna schizzofrenica che, reduce da un elettro-shock che pare averle fortemente acuito l'udito, sotto gli occhi dei familiari, degenera nel suo stato di alterazione mentale, sino a "sentire" delle strane voci che, insistentemente, le preannunciano la venuta di "qualcuno". Presumibilmente Dio. Tale sconvolgente percezione costringe la protagonista a vacillare e ad allontanarsi progressivamente dal marito e da tutto ciò che è reale e concreto. Il tutto si svolge sull'isolotto di Faro, adiacente all'isola di Gotland, in pieno Mar Baltico, di fronte alle coste della Lettonia, laddove Bergman sceglierà di abitare sino alla fine dei suoi giorni (30 Luglio 2007). Il cast, come di consueto non è molto nutrito, ma composto dai suoi attori fedelissimi, come sempre in grande forma, soprattutto per quanto concerne una più che convincente Harriet Handersson. In questo contesto, spoglio di cose e persone e suggestivamente fotografato dall'inseparabile Sven Nykvist, prende forma un dramma che insiste sui temi più cari al regista: l'incomunicabilità tre persone anche fra loro molto vicine ed intime, la figura di Dio, la conflittualità nei rapporti sentimentali, la malattia e l'angoscia che portano alla deriva mentale, l'importanza e la preponderanza dell'arte. La narrazione non si basa tanto su un susseguirsi di eventi significativi, quanto sull'evoluzione della consapevolezza nelle teste dei protagonisti (e degli spettatori), favorita da alcuni intensi dialoghi e confronti, tra individui che cercano sostegno e sollievo l'uno nell'altro. Tutto, dalla location, alla fotografia, all'interpretazione, trasmette un forte senso di isolamento e smarrimento. Per il commento musicale questa volta il regista si affida agli archi di Bach, che contribuiscono a rendere ancora più grave un'atmosfera già di per sè sufficientemente dura e difficile. Forse il tutto scorre in maniera troppo poco febbrile e disfattista, per sconvolgere fino in fondo gli animi di chi lo guarda e, di conseguenza, non si erge alla posizione di "capolavoro", ma in ogni caso il film non scherza affatto e non manca di pregio.