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IL CLIENTE (2016) regia di Asghar Farhadi

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Zazzauser     8½ / 10  23/01/2021 03:05:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Muovendo le mosse da una sua personale lettura dei motivi del celeberrimo "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, il regista tesse un altro dei suoi drammi sull'Iran moderno con due distinti intenti: fotografare una societa' che tenta continuamente di dissimulare le sue contraddizioni e i suoi problemi e al contempo evidenziare come l'Iran moderno rimanga fin troppo spesso percepito in maniera distorta dagli osservatori occidentali.
In primo luogo, la famiglia de "Il cliente" e' fatta da due giovani come tanti, trentenni appassionati e creativi, in cerca di un futuro e di un figlio, rimasti sconvolti da un'evacuazione e da un'intrusione domestica del tutto accidentali. Niente di tutto questo sarebbe poco plausibile al di fuori dei confini iraniani. Di più: una delle pièce piu' famose del teatro americano sembra poter rivivere, in altra forma e contesto temporale e socio-culturale, nella storia raccontata dal film. La vicenda de "Il Cliente" e' universale e Farhadi ci tiene a sottolinearlo.
In secondo luogo, se dietro questa sorta di McGuffin iniziale si possono nascondere intenti di denuncia nei confronti del degrado urbanistico di Teheran, dietro al secondo fatto scatenante si cela l'intenzione di narrare come il dramma evolva quasi dal nulla: l'intrusione e la "violenza", per quanto traumatiche, hanno la funzione di far venire a galla una fondamentale ma celata mancanza di comunicazione nella coppia (qui le linee di continuita' con A Separation) e soprattutto fungono da pretesto per evidenziare lo stigma sociale associato a determinate dinamiche come la prostituzione, la violazione di proprieta' privata e soprattutto lo stupro. Tutto questo esacerba le nevrosi dormienti del protagonista, portandolo ad un'ostinata ricerca del colpevole, ad un'insopibile (passatemi il termine) sete di vendetta che non si placa neanche di fronte all'evidenza (la sentita confessione di un povero vecchio cardiopatico) e che rischia di scatenare l'irreparabile (la morte e il divorzio).
Girato in maniera impeccabile, a tratti quasi teatrale nella messinscena, pieno di una tensione tragica non seconda a molti drammi d'oltreoceano, questa pellicola veicola in maniera ineccepibile i suoi messaggi e la visione personale dell'autore.
Asghar Farhadi a mio parere e' una delle voci piu' interessanti del cinema internazionale contemporaneo, si muove, opera e racconta in barba all'oscurantismo e all'ostruzionismo che intendono schiacciarlo da entrambi i versanti; se da un lato la critica conservatrice iraniana ha addirittura coniato un termine per designare quel certo cinema nazionale che "mette in cattiva luce", "tinge di nero" la sua societa' ed il suo popolo (Siahnamayi), dall'altra la follia di Trump e del suo "embargo" (il famigerato "Executive Order 13769" che lo porto' a rifiutarsi di accogliere il meritato premio agli Academy del 2016) lo spingono a ricordare con forza crescente, a se' stesso e agli altri, come si fa cinema di qualitá.
Un esempio di world cinema ad alti livelli.