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THE EYES OF MY MOTHER regia di Nicolas Pesce

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  13/01/2017 11:10:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un camion avanza lungo una strada in mezzo ai boschi, il clacson comincia suonare, c'è qualcosa in mezzo alla carreggiata. Sembra una donna, forse è ferita. L'autista scende per prestare soccorso.
Comincia così "The eyes of my mother", incubo rurale in cui la violenza ostentata e sopra le righe tipica delle pellicole in cui si aggirano sanguinari redneck, viene sostituita da qualcosa di esteticamente ricercato, sicuramente morboso e a tratti inquietante e allucinato.
La giovane Francisca -prima bimba, poi giovane donna- si vede portare via da un giorno all'altro le poche certezze della sua vita, si immerge così in un mondo quasi irreale esaltato da un bianco e nero pastoso, dal contrasto prepotente in cui cerca con glaciale ferocia surrogati che possano sostituire i suoi punti fermi.
La fattoria fuori dal mondo dove è nata e cresciuta vive diventa prigione e mattatoio. Ma il mostro è tale in quanto solo, bisognoso di affetto. L'ambizioso Nicolas Pesce disegna la figura di una ragazza ributtante ed al tempo dal fascino irresistibilmente sinistro. Non vi è alcuna traccia di condanna, anzi, palese è l'invito a comprendere le motivazioni e a condonare gli atti della brava Kika Magalhaes.
La giovane attrice incarna alla perfezione eleganza e raffinatezza, sembra che il male non possa appartenerle. Parla poco e senza mai alzare la voce, si muove con grazia. Eppure è letale, utilizza tutte le armi di cui dispone per scongiurare l'isolamento in cui è piombata. Prima il sesso come mezzo di convincimento, poi tremenda usurpatrice di un ruolo che non le spetta.
Un film disturbante, gelido e con una vena "pazzoide" che lo rende decisamente fuori dagli schemi. La regia ricercata, il lavoro sul suono, la pretenziosa citazione bunueliana e l'utilizzo (spesso) della lingua portoghese, nonostante ci si trovi presumibilmente nel Midwest degli Stati Uniti, danno l'idea di un progetto complesso, in cui Pesce rischia qualcosina a tratti considerato che corre spesso sul pericoloso bordo del grottesco mentre la trama è complessivamente esile. Il modo però di metterla su pellicola, tenebroso e delicato al tempo stesso, fa la differenza, denotando grande personalità e voglia di affermarsi con audacia da parte di questo regista.