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A PROPOSITO DI TUTTE QUESTE... SIGNORE regia di Ingmar Bergman

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amterme63     6½ / 10  12/12/2010 18:40:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è così facile per un regista fare film impegnati e densi di significato. Lasciano il segno, vengono acclamati, ma poche persone sono disposte a pagare per andarli a vedere al cinema. Bergman con la trilogia del silenzio ha lasciato un segno indelebile nel cinema di riflessione; meno contenti i produttori che hanno sganciato i soldi e non si sono visti premiati da profitti considerevoli. E' difficile arricchirsi con il cinema "povero".
Tutti i grandi registi hanno dovuto alternare ai film "impegnati" altri più leggeri, facili e commerciali. Bergman non fa eccezione. Per questo ha dovuto cimentarsi (non con molto entusiasmo) con la commedia leggera e frivola, con l'obiettivo di distrarre, divertire senza tanto sforzo mentale. Ecco quindi l'incredibile "A proposito di tutte queste signore", che fa letteralmente rimanere a bocca aperta l'appassionato di Bergman.
Bisogna dire che Bergman non ha proprio le corde per produrre cinema leggero. Per questo si appoggia sulle esperienze passate. Non elabora ma rielabora gli stili storici. Il film è un esplicito omaggio all'avanspettacolo, all'operetta, al melodramma, sia nello stile che nella storia che nei personaggi. Ci si rifà soprattutto alla belle epoque francese e ai roaring twenties americani. Alla prima epoca appartiene il tema frivolo e leggero di natura amorosa, i personaggi maschili raffinati e vagamente effeminati, i frequenti rimandi a situazioni piccanti e osé con molta simbologia erotica (a volte decisamente esplicita). Alla seconda appartengono i costumi e i caratteri dei personaggi femminili e il tentativo di riprodurre lo stile comico slapstick. Altra epoca rielaborata è quella della commedia leggera americana degli anni 30-50 (Lubitch, Vincent Minelli, i film con Mae West); l'atmosfera è quella.
L'argomento del film non è poi così frivolo e leggero. E' una riflessione sul ruolo dell'artista nella società. Il protagonista è uno straordinario e famoso violoncellista (altra occasione per omaggiare la musica di Bach) che non vediamo mai in faccia. E' circondato da una cerchia di donne a mo' di harem. Appare chiaro che dietro la figura del violoncellista c'è Bergman stesso. Molti hanno avvicinato questo film a "Otto e mezzo" di Fellini. Altro punto in comune è la presenza del critico cinematografico, simbolo delle pressioni, degli obblighi e dei compromessi a cui i grandi artisti sono costretti a sottostare. E' proprio la categoria dei giornalisti, dei diffusori di notizie e giudizi critici che viene più dileggiata in questo film.
Bergman vuol far capire che è stato quasi costretto a fare questo film, anche se rappresenta un po' la morte della sua arte. Il tutto appare però soffuso da tanta ironia e amabilità.
Tutto sommato non è proprio malaccio questo divertissement di un grande artista.
Fra le attrici mi è piaciuta soprattutto Harriet Anderson: carina, bravissima.