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SINFONIA D'AUTUNNO regia di Ingmar Bergman

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amterme63     8 / 10  13/04/2011 19:34:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ancora una volta si rimane a bocca aperta di fronte all'ennesimo film di Bergman tematicamente e tecnicamente uguale agli altri, ma che nonostante ciò riesce lo stesso a coinvolgere e ad emozionare.
Anche "Sinfonia d'Autunno" è un film che si svolge in ambienti artistico-religiosi, in ogni caso intellettuali e borghesi. Anche questo è lento e molto teatrale e quasi interamente composto da dialoghi. Si svolge quasi tutto in interni e ci pone di fronte ancora una volta a persone che si avvitano su se stesse nel loro masochistico auto-analizzarsi, fino quasi a autodistruggersi mentalmente. Persone che non dormono, leggono lettere, si guardano allo specchio, di animo contraddittorio, amano e odiano allo stesso tempo e che appena possono raccontano, raccontano e vuotano tutto il loro amaro sacco che hanno dentro (in contrasto con le convenzioni e le apparenze tenute su, fino ad allora).
Per arrivare dove? A niente, semplicemente al fallimento della propria esistenza e dei principi su cui è stata costruita. "Sinfonia d'Autunno" nello splendido finale lascia aperto comunque un piccolissimo spiraglio di speranza.
Allora cos'è che salva tutti i film di Bergman? In generale, nonostante che tutti gli esseri umani vivano più o meno la stessa esistenza (infanzia-adultità-vecchiaia), ognuno di loro la vive in maniera diversissima dagli altri. Nello stesso schema di vita ci possono essere infinite varianti e tutte con qualcosa che caratterizza, colpisce. I protagonisti di questo film, benché vivano in una struttura sociale ed esistenziale sostanzialmente uguale a quella di altri film, sentono, si comportano, esprimono se stessi in una maniera unica e particolare, diversissima da quella dei protagonisti dei film precedenti/seguenti.
Vengono infatti resi come esseri umani che soffrono, sono, vivono e la loro umanità penetra nell'animo di chi guarda, tocca tasti nascosti, genera immedesimazione/comprensione/confronto. Noi DIVENTIAMO i personaggi e quindi ci facciamo carico di tutti i loro dolori e le loro esperienze. E' come se anche noi avessimo passato le traversie dei protagonisti.
La riuscita è dovuta essenzialmente alla grandissima e straordinaria recitazione degli attori. Ingrid Bergman ancora una volta si dimostra attrice di razza, superlativa, in un ruolo inusuale e difficile per lei. Ma è soprattutto Liv Ullman, secondo me, che primeggia. Mi ha quasi commosso, da come ha reso il suo personaggio.
Bergman poi coraggiosamente prosegue con il suo smantellamento/disvelamento di ciò che si cela dietro le convenzioni o i luoghi comuni esistenziali. Comunemente si pensa al rapporto genitore-figlio (in questo caso madre-figlia) come istintivamente solido, amoroso, inattaccabile. Invece è (o può essere) tutto il contrario. E' bene che lo si sappia, ci avverte Bergman, le apparenze ingannano.
Di questo film mi rimarrà sempre impressa la scena finale: la lettura sconsolata da parte di Liv Ullman della lettera a sua madre con l'improvviso primo piano di lei affranta e addolorata. Basta questa scena (un vero e proprio tuffo al cuore) a risollevare dalla monotonia, dalla lentezza che si potrebbe provare durante la visione del film.