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UN MONDO DI MARIONETTE regia di Ingmar Bergman

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impanicato     8 / 10  02/12/2014 00:40:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Tutte le strade sono chiuse"
Questa frase riecheggia come un leit-motiv per la durata per film. Non c'é scampo, non c'é alternativa, non c'é una via d'uscita dalla noia, dall'insoddisfazione, ma soprattutto dai legami. Quei legami che diventano oppressivi, che ci comandano a bacchetta, rendendoci delle marionette. Ma come tagliare i fili? Annullando sé stessi con qualsiasi mezzo, anche uccidendo o uccidendosi.
Guardando questa pellicola ci puó sentirsi davvero soli. Come Tim, terrorizzato dalla vecchiaia e dalle brutture costruite dal tempo, o come Katarina, donna all'apparenza forte ma che finalmente comincia a sentire la sua anima piangere, o come Peter, emblema nichilista incastrato nell'odio.
Come in molte suo opere, il regista vi inserisce elementi ricorrenti della sua filmografia: la vita come falsitá, la violenza latente dell'uomo, l'importanza dell'amore.
Bergman ci regala un altro gioiellino, realizzandolo con un montaggio particolare. Gli eventi vengono narrati in ordine sparso grazie all'utilizzo di flashback e flashforward e l'uso di didascalie anticipatorie che creano nello spettatore un certo disagio. Colpisce anche l'uso del bianco e nero, quasi si volesse immergere il tutto in un'atmosfera ancora piú cupa e triste. A colori invece l'inizio e la sequenza finale. Il finale é un'altra delle solite chicche bergmaniane, che si ricollega a Il settimo sigillo nella partita a scacchi con la morte, Ma qui Peter non trasmette niente di positivo, anzi viene mostrato come un silente pezzo di sangue, muscoli e nervetti sopraffatto dai ricordi dell'infanzia.
Beh, se questo é da considerare un film minore...