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LA TIGRE E IL DRAGONE regia di Ang Lee

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kafka62     7½ / 10  09/05/2018 15:46:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il clamore suscitato dal successo planetario del film di Ang Lee non deve far dimenticare che il genere "cappa e spada" a Hong Kong ha una illustre e memorabile tradizione. I pochi che in Italia hanno avuto la fortuna di vedere il capolavoro di King Hu, "A touch of zen", non possono certo sorprendersi nell'assistere a spettacolari ed acrobatici combattimenti volanti, né tantomeno nel constatare la preponderante presenza di invincibili eroine femminili. I cavalieri erranti ad Hong Kong sono in fondo come i cowboys del cinema classico americano, delle figure archetipiche entrate da tempo nell'immaginario collettivo orientale, e ora affacciantisi (grazie forse alla crescente diffusione di buddismo e discipline zen?) anche in Occidente.
Ang Lee, regista dalla doppia nazionalità, oltre alle tematiche consuete della spiritualità taoista, della lotta tra forze del Bene e forze del Male, del sacrificio e, ovviamente, ai duelli con le spade, introduce un importante elemento romantico-sentimentale in personaggi come quelli dei guerrieri erranti che, finora, erano stati sempre ritratti come esseri fondamentalmente solitari. Tutto questo (insieme a una dose di intrigante ambiguità che caratterizza la giovane figlia del governatore) può servire in parte a spiegare l'inaspettato favore incontrato da "La tigre e il dragone" in Europa e in America (successo che prima di allora, su questo versante, aveva toccato solo "Storia di fantasmi cinesi"), ma quello che conta veramente in fondo, più ancora che cercare le ragioni estetico-commerciali che l'hanno originato, è lasciarsi prendere dal ritmo ora incalzante ora sommesso di questo film, farsi condurre dai suoi personaggi a tutto tondo nelle loro peregrinazioni e, incuranti di ogni inverosimiglianza (e anche di certe troppo lunghe digressioni narrative, come nell'episodio del deserto cinese), perdersi nelle sue atmosfere magiche e fiabesche, meravigliandosi della insospettabile classicità di storie buone per tutte le stagioni (e tutte le latitudini).