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FESTEN - FESTA IN FAMIGLIA regia di Thomas Vinterberg

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     8 / 10  14/11/2010 18:02:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' il cinema del Dogma 95 di Von Trier e Vinterberg: solo telecamera a mano, unità di tempo e spazio, niente effetti speciali, filtri ottici, illuminazione artificiale, scenografie, oggetti di scena. L'occhio della cinepresa si muove in relazione alle azioni, e non viceversa. La figura del regista è smitizzata ("Giuro di astenermi dal gusto personale! Non sono più un'artista.") e quindi non viene accreditata nel film. L'intento era quello di operare una purificazione del cinema, riducendolo all'essenziale, per opporsi al modello hollywoodiano imperante, vittima dei grandi budget, delle scenografie sontuose e degli effetti speciali.

L'idea di base è affascinante, e il risultato è efficace. Festen è un film di potente drammaticità che pone il suo occhio critico sulle maschere dell'alta borghesia, calcando la mano sullo sconcertante perbenismo di facciata che la pervade.
Verità nascoste ed orribili, verità di stupro e pedofilia, vengono a galla dopo tanti anni, eppure la società in miniatura che popola la festa preferisce far finta di niente, dimenticare, nascondersi sotto risi e lazzi d'occasione ed immergersi di nuovo in fumo ed alcool. Tutto in nome di un'unico D.io: la cerimonia, quella "Festa in famiglia" che non a caso è il titolo, e l'unico fulcro, del film.
L'assurda futilità dell'aspetto cerimoniale della festa, un'aspetto che si carica quasi di una "sacralità" tale da diventare liturgia, viene continuamente e ripetutamente illustrato: il tedesco che tira le fila della festa a mo' di condottiero, il continuo ricorso ai brindisi ed ai "discorsi" da parte di Christian ed Helge per affrontarsi l'un l'altro, addirittura alla fine è la cerimonia che vince ("Papà, ora puoi andartene, così possiamo fare colazione in pace").
Quel microcosmo borghese è l'emblema di una società che ostracizza il diverso (Christian, ma anche il fidanzato di colore di Helene) per conservare la propria immagine marcia all'interno, ma comunitaria, di cui vive.
E Vinterberg riesce a dimostrare di poter raccontare una storia con la stessa potenza dei drammoni statunitensi pur usufruendo di un cinema allo stato distillato, puro, un cinema che null'altro è che l'occhio di un immaginario personaggio all'interno delle scene