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FESTEN - FESTA IN FAMIGLIA regia di Thomas Vinterberg

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Marco Iafrate     9 / 10  03/11/2011 16:05:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Del dogma 95 se ne è parlato a sufficienza, inutile aggiungere altro se non quello di non farsi minimamente condizionare da questo movimento nella visione di Festen o di qualsiasi altro film girato attenendosi a questo codice, può piacere o non piacere i contenuti non cambiano, vediamoli.
Confessare a se stessi la violenza subita da un genitore è già di per sè difficile, è più naturale rimuovere quest'incubo, cancellarlo, è l'antidoto per continuare a vivere una vita normale, confessare queste aberrazioni ad altri diventa enormemente più difficile, quasi impossibile, quasi.
Stuprare un figlio ed una figlia quando sono bambini. Faccio fatica a scriverlo, a pensarlo, la natura avrebbe dovuto mettere dei limiti al cervello umano, non fargli neanche concepire una cosa del genere, rimuoverla dal codice genetico, renderla di fatto impossibile, ma così non è, l'uomo non perde occasione ad approfittare di quello che la natura gli concede e si macchia di un delitto così ripugnante da non avere margini di tolleranza, è il punto più basso raggiungibile dall' essere umano, il film parla di questo.
Una famiglia borghese, festa di compleanno, un albergo, i 60 anni del proprietario, bisogna festeggiarli con i figli, tre, la quarta è da poco morta suicida, gli invitati, tutti di estrazione borghese, sono amici e parenti, la tavola è bandita, la servitù pronta, dall'esterno il dogma è rispettato, macchina in spalla, zero scenografie e totale assenza di colonna sonora, Helge, il patriarca, seduto a capotavola, vede alzarsi il figlio primogenito pronto per un brindisi in onore del padre, lo fa con il calice in una mano ed un foglio di carta nell' altra, è il momento della confessione pubblica, l'eruzione del vulcano, il coraggio di dire quello che faticosamente si è tenuto dentro per tanti anni. Il film inizia praticamente qui, quando poche parole lette con apparente distacco e freddezza spostano l'asse terrestre di pochi milionesimi di millimetro, l'equilibrio è stravolto.
La pellicola, raccontando di uno stupro in famiglia, ne descrive i microuniversi al suo interno, un padre che abusa del suo potere di padrone assoluto della famiglia, una moglie suddito immorale incapace di ribellarsi alla vista degli abusi, una figlia che sceglie la morte pur di non sopportare il peso di un corpo violato dal padre, un figlio violentato e annientato della personalità, gli altri due figli all'oscuro di tutto e quindi inconsapevoli della fortuna che la sorte gli ha riservato tenendoli lontani dalle ripugnanti voglie del padre.
Il fatto che la maggior parte degli abusi sui minori avvengano all'interno delle famiglie non può sminuire l'impatto devastante che questo film ha sullo spettatore, non ci si abitua alla conoscenza di queste aberrazioni, il tentativo di Helge e della moglie di far cadere tutto in burletta o peggio ancora di addossare la colpa ai problemi psicologici del figlio è tanto patetico quanto irritante, è l'arma per scaricare la propria coscienza, il comune denominatore di tutti i pedofili.
Un film profondo, crudo ed asciutto che ha il pregio di distruggere, umiliandola miseramente, la figura del padre padrone, del patriarca, affonda la lama del coltello nella piaga di una borghesia ricca e malata instupidita dalla propria condizione imprigionata in una bolla di sapone dorato ottusa ed insensibile che, paradossalmente, genera i peggiori orchi.