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VIRGIN MOUNTAIN regia di Dagur Kari

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  04/12/2017 11:09:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quarantenne obeso, privo di vita sociale e mai stato con una donna, residente ancora con la madre, fissato con la costruzione di plastici in cui rievoca le grandi battaglie della seconda guerra mondiale: questo è in breve il ritratto di Fusi, omaccione tanto enorme quanto innocente e gentile, per nulla disagiato o infelice, semplicemente anestetizzato nel limbo costruito attorno a poche ma significative figure di riferimento e a qualche hobby o fissazione, tipo quella di chiedere ogni sera un pezzo metal alla radio, o di concedersi tutti i venerdì sempre lo stesso piatto al solito ristorante thailandese.
Due incontri casuali cambieranno l'immobilismo in cui è racchiuso, la nulla interazione con un mondo di cui ha precisa percezione ma con il quale preferisce non interagire verrà così annullata. "Virgin Mountain" è allegorico isolamento che l'Islanda, per ragioni geografiche e atmosferiche, rappresenta da sempre. Fusi è emblema vivente di tutto ciò, vittima inconsapevole di un ambiente alienante da cui si emancipa attraverso un percorso mai buonista e soprattutto equilibrato nell'evitare approcci eccessivamente consolatori.
La pellicola di Dagur Kari elegge l'altruismo come punto di partenza nella presa di coscienza, minimalismo e delicatezza racchiudono le linee guida di un'esistenza pronta a svelare nuovi risvolti di un io fino a quel momento dormiente, andando incontro a confini (non solo mentali) pronti ad essere abbattuti.
Il cinema islandese si conferma capace di cogliere emozioni e sentimenti in maniera profonda: davvero ben costruito e giustificato il cambiamento del protagonista, modulato in maniera graduale ed emotivamente inattaccabile.