Dom Cobb 8 / 10 06/11/2019 17:46:43 » Rispondi In occasione del funerale di un ignoto vaccaro di Shinbone, una sperduta cittadina del West, si presenta, con somma sorpresa di abitanti e membri della stampa, l'autorevole senatore Rans Stoddard. Egli è il leggendario uomo che uccise Liberty Valance, sparandogli in singolar tenzone. O forse no... Nello sconfinato panorama del vecchio cinema Western americano i singoli titoli tendono spesso e volentieri a confondersi fra loro in un marasma di banalità, ingenuità tipiche dell'epoca, trame e temi riciclati e facce simili nella loro dura stoicità. La fimografia di John Ford non si sottrae a questa regola, anzi: a lungo andare il suo cinema e i suoi eroi sono assurti a modello di quelle stesse convenzioni che da allora sono state abusate da autori e registi fino all'esaurimento. Con questo Liberty Valance, invece, la musica cambia. Fin dall'inizio ci si rende conto dell'utilizzo di un diverso approccio: i toni non hanno nulla della baldanza e trionfalità tipica del western che Ford ha contribuito a plasmare, e anzi si rivela insolitamente fosco e malinconico. Questa impostazione, valorizzata da un aspro bianco e nero, freddo come l'ombra di una lapide, si mantiene per il resto della storia, al punto che persino i momenti salienti mancano della tipica euforia che ci si aspetterebbe. Il motivo, com'è ovvio, sta tutto nella trama, che se per gran parte del tempo sembra ricalcare territori ormai ben noti, nella mezz'ora finale sfodera tutte le sue carte, rivelandosi per il magnifico gioiello di pessimismo che è.
Sì scopre infatti che non è Stoddard ad aver ucciso il malvagio bandito, bensì quello stesso ignoto vaccaro di cui il senatore è giunto a visitare la tomba. L'intera fama di Stoddard si rivela essere dunque basata su una bugia.
Fin dalla sua creazione il Western si è occupato di costruire una sorta di mitologia cui la società americana moderna potesse fare riferimento; fin dall'inizio, esso ha stabilito una serie di codici, miti ed icone sulla cui base è stata edificata un'epopea di eroismo e di avventura romantica. Liberty Valance è il primo film in assoluto a mettere in discussione tutto ciò: si spoglia delle pretese romantiche e invece mette a nudo la cruda, scorretta, spesso deludente verità che si cela dietro tanti (tutti?) di questi miti. Mostra la fragilità dei pilastri su cui poggia una mitologia conosciuta e adorata da milioni, anticipando l'intero discorso alla base degli spaghetti-western leoniani e, bene o male, di tutta la Nuova Hollywood, sul punto di sbocciare. Gli attori si adeguano al materiale, abitando i loro ruoli con una tale facilità da recitarli praticamente a occhi chiusi: John Wayne è il solito duro, Lee Marvin è un villain di lusso, per quanto sia il solito bruto tutto forza e poco cervello, e James Stewart domina su tutti gli altri con il suo tipico carisma da persona qualunque che lo rende così efficace. Certo, a volte il suo personaggio è un po' troppo idealizzato,
Arriva un punto in cui la sua ossessione di perseguire la legge e la non-violenza a scapito della logica, la praticità e il buon senso irrita piuttosto che ispirare fiducia. Gli si perdona questo aspetto perché, comunque, è utile ad imbastire un intrigante discorso sull'impiego della giustizia e della forza puramente fisica, sempre attuale e ben sviluppato.
ma non è un gran difetto in fin dei conti: ciò che conta è che il film riesce a comunicare ciò che si prefigge e lo fa con grande efficacia, al punto da risultare interessante e scorrevole anche per chi non è un appassionato del genere, proprio per la sua atipicità. "L'uomo che uccise Liberty Valance" è una potente, ammaliante elegia, una sorta di canto funebre per un genere che d'ora in poi si avvierà gradualmente sul viale del tramonto.