caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO regia di Tim Burton

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Ciaby     8½ / 10  17/11/2011 16:44:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Reinterpretare un film cult come l'originale del '71 non era cosa semplice: naif, caleidoscopico, spesso isterico, ma in grado di mantenersi al giusto livello per essere un prodotto per famiglie, riusciva a mantenere il giusto equilibrio tra originalità visionaria e divertimento. Per il remake non poteva che essere Tim Burton il prescelto, capace di dare libero sfogo alle sue ossessioni di infanzia, esaltandone il lato spesso macabro, oscuro, viscerale e sottilmente perverso, come lo stesso Dahl, nei suoi libri, riusciva a descrivere alla perfezione.

Il remake di Tim Burton, nonostante io sia contro la politica del rifacimento cinematografico, è riuscitissimo poichè si sposa perfettamente sia al libro sui cui si basa che al film precedente, ma infondendolo del punto di vista estremamente autoriale del regista e aggiungendo una maggiore e accuratissima psicologia nei personaggi, non così stereotipati come avveniva in passato, ma finalmente vivi (Willy Wonka non cambia radficalmente carattere come nell'originale, ma mantiene sempre quell'irresistibile confine tra gentilezza sconfinata e sadismo, derivata dai traumi dell'infanzia, argomento clou del cinema burtoniano).

Indimenticabile la scena dell'incontro, dopo anni, tra Willy Wonka e suo padre che, ancora una volta, lo tratta da cliente e non da figlio, facendogli aprire le fauci (in una scena meravigliosa, con la telecamera nella bocca del protagonista) e scatenare ancora una volta gli incubi ortodentistici. La fabbrica di cioccolato non è più, quindi, simbolo dell'elemento ludico, ma pura e semplice anarchia, frutto di un disagio giovanile che voleva esprimersi da artista. Per questo la morale finale, appiccicata quasi a forza, riesce a non essere mai mielosa, ma persino poetica.

Burton gioca le sue carte nell'immaginario fantastico, riuscendo a confezionare un film eccellente sia narrativamente che tecnicamente, giocando con i contrasti (il colore accesissimo della fabbrica nei confronti del paese grigio e nevoso) e dando libero sfogo alla telecamera.

Unico neo: gli interventi musicali che, spesso, sfociano nel kitsch. Comunque un film sicuramente da vedere e fondamentale per la comprensione dell'animo di uno dei pochi artisti in grado di dare tutto se stesso anche in produzioni palesemente commerciali.