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L'ESORCISTA regia di William Friedkin

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dobel     9 / 10  31/08/2010 10:35:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
'Tutto ciò che si può provare è vero; non tutto ciò che è vero si può provare'.
Così Goedel apriva le porte alla logica del novecento, scrivendo anche (forse senza volerlo) la più bella apologia della fede: ossia lasciava aperta la categoria mentale della possibilità.
Il film in questione, prima ancora di essere un classico del cinema horror, è un bel film ( e per questo mi piace). Ma tutto ciò che lo rende un film horror è unicamente accessorio e strumentale alla vicenda. Si insinua il dubbio, in me, che il regista in fondo non volesse nemmeno fare un horror, ma esclusivamente un film drammatico che, visto il tema, non può che inquietarci e a tratti farci rabbrividire. Sì, perché tutto ciò che ha a che fare con la trascendenza, il paranormale, il demoniaco e il mondo preternaturale ci spaventa. In questo senso il film diventa un film di paura, giacché mette in scena una vicenda che fa leva su un nostro ancestrale timore, forse il pericolo più ancestrale di tutti, la realtà che maggiormente ci terrorizza: il diavolo.
Ma detto questo, dobbiamo anche considerare che il film parla centralmente di una crisi di vocazione, quella di Padre Damian, che rende lo scontro fra il bene e il male ancora più interessante. E' infatti una lotta interiore quella del Padre, fra il demonio e l'angelo che sono in lui, fra il bene e il male che coesistono in ognuno di noi. Siamo a livello dei testi di Giovanni della Croce. Quindi, a guardare bene, si tratta di un film sulla capacità di scelta: il demonio può tentare, ma non può possedere se non lo ascoltiamo (così ci viene detto dalla 'Summa Demoniaca' di Josè Antonio Fortea), e quindi gli ultimi responsabili delle nostre azioni siamo comunque noi stessi. Questo è quello che probabilmente sa Padre Damian, e questo è ciò che provoca il suo costante rimorso, quello stato di depressione che lo prostra e lo fa dubitare. Ma un altro piano del film lo rende un film interessante al di là del genere a cui è ascritto: il rapporto della scienza con la malattia. Le accuse di integralismo cattolico da cui la pellicola è stata tempestata, derivano senz'altro in primo luogo dal rappresentare la realtà del demonio come forza reale, e poi dal far calare le brache alla scienza di fronte all'imponderabile.
Il primo aspetto è perfettamente in linea con la dottrina: il diavolo esiste e agisce come una forza maligna e distruttiva nel mondo (erano gli anni in cui Paolo VI denunciava che 'i fumi di Satana' stavano soffiando anche in Vaticano... e ahimè probabilmente non si sbagliava!); il secondo aspetto, invece, è più scottante. Che la scienza debba arrendersi ancora ci sta, ma che un medico consigli un esorcismo, è veramente raro. La mentalità scientista non ammetterebbe mai che la forza della preghiera possa avere un effetto immanente sulla vita materiale. La scienza direbbe che se l'effetto c'è stato è stato provocato o da suggestione (e nel film viene infatti adombrata questa ipotesi), o da una causa che ancora la scienza non può spiegare ma che fra qualche anno... Risposte buone per tutte le stagioni. In questo film, l'efficacia della preghiera (e l'esorcismo, pratica che la Chiesa non ha mai interrotto dai tempi di Gesù Cristo, non è che preghiera), viene rappresentata senza timori o mezzi termini.
Quindi le novità non mancano, ma non sono quelle della rappresentazione della possessione (anche queste, certo! Ma le trovo assolutamente secondarie rispetto al messaggio della pellicola: noi vediamo la bambina posseduta così come vediamo la malattia di Tom Hanks in Philadelphia, per intenderci), bensì quelle della riflessione esplicita sul 'Mysterium iniquitatis'. E' un film notevole, in definitiva; un grande dramma che parla di fede, dello scontro fra il bene e il male, del coraggio della fede, della paura di fronte ad un atto preternaturale, della lotta interiore, della presenza reale di qualcosa che ci sfugge e sfugge la materialità ma che agisce negativamente dentro e fuori di noi. Ce n'è a sufficienza perché il film metta paura... ma la paura non viene dall'orrore che provoca la visione della povera bambina posseduta, ma da ben altro: dalla consapevolezza che se qualcosa esiste in grado di provocare quello che abbiamo visto, lo può provocare anche a noi; e noi avremmo la forza di ostacolarlo?
Ciumi  05/09/2010 13:42:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il commento è molto interessante e come al solito scritto benissimo, ma non credo si possa paragonare la bambina posseduta con la malattia di Tom Hanks in Philadelphia. Nel secondo caso sappiamo che si tratta di AIDS, una sindrome che avrà sicuramente ripercussioni psicologiche ma che attacca innanzitutto il fisico, scientificamente riconosciuta. Nella bambina de ‘L’esorcista’ ciò che in principio viene scambiato per instabilità mentale, è un qualcosa d’inspiegabile, di recondito, che non ha riscontri medici; è questo che secondo me provoca più in noi la paura. Poi chi è credente lo chiamerà Satana, io che sono ateo lo chiamo un male incontrollabile (ora come ora non m’è venuta una definizione migliore), certo è che l’identificarlo con la figura del Diavolo ‘funziona’ anche nel mio caso, poiché a chi come me tale figura venne inculcata, a chi da bambino credeva al diavolo e lo temeva, film come questo possono risvegliare certi timori remoti.
Tutto ciò che è concepito come contrario al nostro esistere ci causa terrore - la luce di una torcia che illumina un volto dal basso, sarà pure un effettaccio da film di serie-Z, ma ci spaventa in quanto opposta alla normale direzione della luce solare. Così è il recitare all’incontrario, o il girare il capo a 180° o lo scendere le scale incurvati sulla schiena. Il diavolo penso che rappresenti più che altro tutto ciò che è opposto al comune, e dunque molto spesso pericoloso, temibile, maligno. Parimente anche le paure ancestrali - la paura del buio, quella delle bestie - credo che rientrino nella figurazione del demonio.
L’esorcista è un bel film anche perché sa raccontare parallelamente due ‘possessioni’ diverse, quella della bambina, e quella del prete; la prima laica, la seconda cristiana (tanto più che la vicenda della madre del prete viene a sovrapporre le due cose).
L’ultima parte però è quella che meno mi ha convinto.
Il male aveva posseduto la bambina, ma non poteva essere il ‘diavolo cristiano’, dato che è esso che ha scelto, non il contrario. Il prete poteva sconfiggere il proprio demonio (la propria fede vacillante), ma come ha potuto farlo con quello della bambina? E’ stata la provvidenza?

La chiesa dà come nome Satana al male che ognuno di noi può recare agli altri o a se stesso, ma il nostro male, quello che a noi è recato non da un nostro simile o da noi stessi, come lo chiama?

dobel  06/09/2010 14:18:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie del tuo cortese intervento, innanzitutto.
Il paragone del male della bambina rispetto al male di Tom Hanks voleva riguardare soltanto il modo quasi analitico e oggettivo di rappresentarlo. E' chiaro che fra una malattia organica ed una possessione non ci possono essere relazioni; il regista comunque, così è parso a me, descrive la possessione con lo stesso scrupolo e lo stesso distacco quasi da patologo che viene usato nel film Philadelphia. Tutto qui: non c'è alcuna relazione fra i due mali, soltanto nel modo in cui vengono rappresentati da entrambi i registi (almeno questo è il mio parere fondato sui ricordi del film Philadelphia che non vedo da un pezzo).
Sono assolutamente d'accordo con la tua teoria dei contrari: in effetti la paura che viene risvegliata in noi da questo film riguarda proprio qualcosa di ancestrale che si oppone alla nostra naturale propensione al bene ( o, comunque, ad un determinato verso dell'esistenza).
Non posso essere d'accordo con te, invece, con la descrizione sottintesa alla tua idea di 'diavolo cristiano'. Il 'diavolo cristiano' è proprio lui che sceglie chi attaccare e chi tentare possedendolo. Il prete ha di conseguenza sconfitto proprio il diavolo cristianamente inteso con la forza, non della propria fede, bensì con la forza della liturgia. E' chiaro che siamo nel campo delle pure opinioni (l'importante è che siano ragionevoli, e per me lo sono) e non dei fatti scientificamente provabili. Quindi non metterei in mezzo la provvidenza, ma solo il formulario liturgico o, per meglio dire, la forza efficace del sacramento. Chi crede, crede che il sacramento abbia una efficacia fisica e materiale oltre che spirituale; l'efficacia del sacramento, oltretutto, secondo la dottrina agisce 'ex opere operato', quindi indipendentemente dalla fede, o dalla irreprensibilità dell'amministrante, purché esso sia un ministro consacrato.
Per concludere la chiesa non chiama Satana ogni forma di male, ma specificamente il demonio iconograficamente, anche se non antropologicamente, inteso. Anzi, le scritture parlano di più demoni con nomi e funzioni differenti così come parla di più angeli con nomi e funzioni differenti. Il male proviene dalla deviazione che l'uomo ha operato ad una creazione altrimenti perfetta, facendo cattivo utilizzo della propria libertà. Il perché poi il male colpisca alla cieca questo non lo sa nemmeno la chiesa... Il male recato a noi comunque può essere, come nel caso del film, recato da un demonio oppure da qualcosa d'altro che non posso conoscere. Come lo chiama la chiesa? A seconda dei casi si esprime in modo differente.

dobel  07/09/2010 09:06:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi dispiace che tu non voglia continuare lo scambio di opinioni, spero di non aver detto nulla di sconveniente. Comunque volevo solo fare due piccole precisazioni a quanto ho scritto:
per quanto riguarda la prima parte, vorrei che fosse chiaro che per me il film sarebbe stato spaventoso ugualmente anche se non avessi mai visto la bambina posseduta. Se la porta della sua camera si fosse sempre chiusa dietro le spalle del sacerdote così da non farci mai entrare il film non avrebbe perso nulla. Lo voglio dire perché molti di quelli che mi hanno parlato del film negli anni, hanno sempre sottolineato le immagini terrorizzanti della bimba in preda a convulsioni, a vomito verde e a quant'altro: a me tutto questo non spaventa affatto, anzi!... Per questo il richiamo al film Philadelphia, tutto qui.
Mentre in fondo alla mia risposta ho parlato di demonio iconograficamente e non antropologicamente inteso; ho usato un termine improprio: volevo dire iconograficamente e non antropomorficamente inteso.
Scusami ma volevo specificare meglio quello che intendevo. Spero a presto.
Ciumi  07/09/2010 18:14:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma ci mancherebbe, non hai detto nulla di sconveniente, io intendevo dire che forse avevo spostato troppo la conversazione su argomenti che andavano oltre una discussione sul film, e che probabilmente non è questa la sede più adeguata, tutto qui. Anzi i tuoi chiarimenti sono stati tutti molto precisi.

Chiarisco solo una cosa:
Io ho dato molto liberamente una mia interpretazione del ‘diavolo cristiano’, ovvero non riesco ad accettare il fatto che il male, come ad esempio una malattia mentale, che piombi sulla vita di un individuo possa essere sconfitto con la sola forza della preghiera. Accetto meglio un ‘diavolo’ concepito quale deviazione etica, quale tentazione dell’individuo cosciente a recare attraverso l’ira, il rimorso o quello che sia, il male agli altri. Quello è un demonio che un cristiano, ma ugualmente un ateo come lo sono io, può fronteggiare attraverso la volontà, seppure penso che anche la mancanza di questa volontà possa essere attribuita, in qualche modo, a quel male incontrastabile.
Tu cosa ne pensi?

dobel  07/09/2010 21:39:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Effettivamente stiamo entrando in un territorio impervio ed extrafilmico, nel quale non possiamo che mettere in campo le nostre più intime convinzioni senza per questo pretendere di possedere la verità.
Credere alla forza della preghiera o all'efficacia materiale del sacramento è veramente solo una pura questione di fede. Per molta gente la preghiera ha solo un potere di autosuggestione tale da guarire malattie e infermità; per altre la suggestione arriva a provocare cambiamenti di personalità o quant'altro... quindi dobbiamo effettivamente chiederci cosa sia la preghiera. Questo interrogativo è stato oggetto (e continua ad esserlo) dei padri della chiesa, dei teologi, dei ministri consacrati, dei filosofi e di chiunque voglia seriamente porsi di fronte al problema della trascendenza. Non voglio certo rispondere io a questo, né credo sia utile che ti dica quello che la preghiera è per me (sono del resto cose molto intime delle quali, poi, non credo si possa essere sicuri sino in fondo). Ma la chiesa crede in un Dio personale al quale rivolgersi chiamandolo per nome. La chiesa crede altresì all'immanenza di questo Dio e alla sua possibilità di agire nella quotidianità dell'individuo e quindi di agire nella storia: la chiesa quindi crede che la preghiera possa ottenere veramente qualcosa di materiale. La chiesa crede nella preghiera personale e collettiva, nella preghiera di intercessione e in quella dell'esorcismo. Quest'ultimo si appoggia propriamente ad un rituale stabilito al quale si attribuisce il potere di scacciare i demoni. Quindi alla liturgia si delega (e quindi alla fede della Chiesa intera) ciò che la fede personale del singolo non riesce a raggiungere. Nel formulario della messa si legge ad un certo punto ' Non guardare ai nostri ('ai miei', nel rito latino) peccati, ma alla fede della tua Chiesa'. Quindi la preghiera che si appoggia a delle formule o a dei rituali ben precisi come quelli a cui assistiamo nel film, viene in soccorso alla nostra incredulità. Questa secondo me la chiave di lettura (tutta cattolica e quindi opinabilissima anche all'interno dello stesso cristianesimo) del finale del film.
Il diavolo da te concepito fa assolutamente parte della tradizione cristiana, del resto. Il diavolo tentatore, colui che cerca di deviare il cammino, colui che ci tende tranelli facendo leva sulle nostre debolezze, il diavolo che distorce la nostra percezione e che inventa per noi le scuse più plausibili. La volontà dovrebbe scacciarlo, è verissimo! Ed è altrettanto vero che la mancanza di volontà può essere causata da lui. Il diavolo che comunque tu concepisci presuppone una visione etica nella quale nell'uomo sia inscritta una legge morale giusta. Tu pensi che sia dentro di noi un codice morale comune a tutti gli uomini? Questo è quello che dice il cristianesimo: l'uomo è stato creato a somiglianza di Dio; il male è una deviazione o alterazione di questa somiglianza causata da un cattivo utilizzo della propria libertà. L'uomo è libero solo nel momento in cui la propria volontà va a coincidere con quella del suo creatore, altrimenti diviene 'schiavo' del peccato. Il diavolo di cui tu parli è quello che vorrebbe rendere la nostra volontà schiava della sua; la 'deviazione etica' la possiamo presupporre solo se prima ammettiamo che esista un'Etica assoluta e comune. Ogni tipo di deviazione etica, in questo senso non può che recare male agli altri, perché altera la perfezione della creazione. Ogni devianza provoca un'alterazione dell'equilibrio etico e quindi induce al male.
A questo punto cosa io pensi di tutto ciò diviene secondario. Non credo ci si possa adagiare su un'unica opinione e non dubitarne mai; così credo che la fede sia una lotta quotidiana: il credente è un ateo che ogni mattina si sforza di credere, diceva una persona saggia. Allo stesso modo, la fatica della fede, credo la provi anche l'ateo. Penso che non sia facile non credere, così come non è facile credere. Se la distinzione deve essere fra persone pensanti e non pensanti (anziché fra credenti e non...) l'ateo si pone seriamente di fronte a certi problemi e raggiunge la propria convinzione non senza fatica e non senza una lotta interiore che non cessa mai. Almeno è così per me da credente.
La fede non può essere conquistata con il ragionamento ma deve essere ragionevole. A questo punto chi crede, crede che sia ragionevole anche l'efficacia della preghiera in quanto: 'ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,...' e lascio a te la conclusione.
A presto.

Ciumi  08/09/2010 18:12:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
‘Ci sono più cose in cielo e in terra’ ..di quante un dìo ne possa afferrare.

Torno per un momento al film: la tua lettura è corretta, credo anch’io che nel finale (certo gli effettacci al volto della bambina non aiutano la causa, ma questo è tutto un altro discorso) si parli di preghiera, di essa come pratica individuale e di essa come pratica collettiva; ma a lasciarmi perplesso è stato il modo in cui la vicenda viene risolta, con una vittoria tanto netta della fede da andare un po’ a invadere l’universo di un ateo, e tanto che mi è venuto da pensare alla provvidenza. Credo che la preghiera possa avere un benefico effetto spirituale, e di conseguenza in parte materiale, solo e in certi casi sul credente. L’ateo ricorre ad altri modi, altri riti, altri voti, sì, non meno faticosa è la lotta che egli deve affrontare tutti i giorni, sempre a confronto col dubbio. Si potrebbe dire che l’ateo sia a sua volta un credente che ogni mattina si deve abituare al fatto di non credere. Ma gli uni e gli altri, penso, non cercano una verità suprema, bensì la propria serenità.
Sono d’accordo quando dici che c’è un codice morale inscritto nell’uomo, e in parte da egli riscritto, a prescindere che sia o no un credente. Del resto esso esiste in ogni essere vivente: anche gli animali hanno i loro riti, i propri principi che sono inscritti nella loro specie. Ora, considerando il ‘Mysterium Iniquitatis’, un intervento e la volontà divina, non trovo coerenza: non è forse l’iniquità essa stessa una caratteristica che contrasta con tali principi? Il cristianesimo vuole giudicato e punito l’uomo schiavo del peccato dal suo dìo. Non è anche questo un atteggiamento che tradisce il codice morale dell’uomo e lo stesso valore cristiano della Pietà?

Non capisco poi perché il cristianesimo, come altre religioni, abbia voluto imporre come scontato che vi sia stata una creazione perfetta, libera dal male, e abbia voluto attribuire all’uomo tanta responsabilità. Se in principio l’uomo fosse stato davvero felice, perché mai avrebbe sentito il bisogno di migliorare la propria condizione cedendo alla tentazione? E se anche l’uomo fosse nato a immagine di un dìo, quest’ultimo avrebbe ugualmente peccato.
Se mi guardo indietro non vedo perfezione; nella stessa memoria storica umana e naturale non c’è mai stata. Se un equilibrio esiste, mi viene da dire che esista nella materia, negli astri, nei pianeti vuoti, nel buio più che nella luce. In terra vedo molto disordine, e se accettassi la presenza di un dìo, mi troverei a ritenerlo parimente responsabile. Lo vedrei, soprattutto, vittima e schiavo dell’universo, non migliore dell’uomo. Tuttavia non credo in un dìo. E ciò non significa che io sia convinto di possedere qualche verità, non ne ho nessuna, poiché quel che il credente chiama dìo, io continuo a chiamarlo e interrogarlo come Mistero; cui però non attribuisco una personalità benigna o maligna, o una morale, o un’umana paternità.

dobel  09/09/2010 13:50:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Capisco benissimo e, ovviamente, rispetto la tua posizione. Come dicevo, siamo totalmente nel campo della pura fede personale, quindi (sebbene non irragionevole) non raggiungibile con la ragione. Come diceva Pascal, nell'ambito della fede c'è abbastanza luce per credere e abbastanza ombra per non credere.
L'iniquità a cui assistiamo non è comunque opera di dìo, bensì dell'uomo; allo stesso modo il dìo biblico non 'punisce' l'uomo ma sancisce la punizione permettendo che l'uomo subisca la conseguenza della propria scelta: si tratta di una punizione immanente al peccato. E' il peccato che accusa l'uomo in quanto intrinsecamente malizioso. Diavolo o demone significa appunto (se non ricordo male) accusatore.
Chi crede, crede in un disegno universale che lo trascende e che non può cogliere ma che (attraverso le più immani e inspiegabili tragedie, comunque frutto di quella originaria alterazione) arriverà comunque ad un lieto fine, perché regolato e guidato da un lògos il cui principio fondante è l'amore. Chi crede crede a questo anche se non sa attraverso quali vie arriverà questo gran finale, giacché "le mie vie non sono le vostre vie".
Per quanto riguarda il disordine al quale anche dìo sottostà, il tutto si spiega cristianamente nella croce. Qui si aprirebbe un discorso infinito giacché la teologia crucis è materia impervia e sconfinata: un dìo che si fa uomo e si fa uccidere con la peggiore e più infamante delle pene capitali! Era Schopenauer che diceva ' se c'è un Dio non vorrei essere quel Dio: la sua pietà mi strazierebbe il cuore'. Forse pensava proprio a quello che hai detto tu: Se mi guardo indietro non vedo perfezione; (...) In terra vedo molto disordine, e se accettassi la presenza di un dìo, mi troverei a ritenerlo parimente responsabile. Io non credo che sia responsabile delle brutture del mondo, ma che ne sia vittima... una eterna vittima in croce, da noi quotidianamente crocifissa.
Ma ti voglio fare una domanda: il peccato originario (ossia quello da cui hanno origine tutti gli altri peccati) è quello dell'autodeterminazione, ossia del voler fare a meno di dìo, voler essere noi stessi a determinare il nostro destino, quello che è giusto e quello che è sbagliato. Questo ci porta a non tollerare, e anzi, a volerci ribellare a quella che (spesso giustamente) chiamiamo dolore del mondo. Vorremmo poter fare qualcosa e odiamo ciò che ce lo impedisce. Ce la prendiamo proprio con quel dìo, o quel mistero che, se esiste, permette che accadano misfatti a noi inspiegabili. E' grande questo odio ed ci sentiamo grandi come Prometeo nel voler ribellarci al mistero 'strappando una fiammella agli Dèi'. Ma non è ancora più grande amarlo e abbandonarci ad esso? E' una domanda che ho sentito porre una volta e che non mi ha abbandonato. Di fronte a questo mistero, come lo chiami tu, fa sempre capolino questo interrogativo che mi tormenta. Cercare la ribellione e il rifiuto, o amarne la grandezza indecifrabile?


Ciumi  10/09/2010 18:11:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E’ normale che l’uomo punti al bene supremo, e che non esistendo esso in terra se lo immagini oltre la vita; è là che il tempo ci conduce e i due cammini, quello spirituale e quello temporale, tendiamo forse a far coincidere. Io comprendo il credente. Ci sono molte volte in cui, seppur non prego, spero. E’ infondo questo sperare, che non si rivolge tuttavia a nessuno, una dimostrazione che anch’io guardo a quel bene, che anch’io vado verso esso.

Purtroppo alla tua domanda è per me difficile rispondere: la differenza sostanziale tra il ‘tuo’ mistero e il ‘mio’ mistero è che il tuo è vivo, soffre, compatisce; il mio ignora il dolore, ignora l’amore, puoi provare a crocefiggerlo ma non sente. Non riesco insomma né ad amarlo né a odiarlo; del resto, come dici tu, è innanzitutto una questione di fede.

Avverto inoltre la sensazione, talvolta, che le religioni amino più il loro dìo che non l’uomo, più il bene supremo che non quello di ognuno, che siano pronte a colpevolizzare l’uomo di tutto il male pur di difendere il loro dìo. Forse è un segno di umiltà, l'attirare a sé ogni colpa, ma trovo sia ancora più umile il guardare meno a ciò che sta aldilà della vita a favore di ciò che vi rimane dentro. E continuo a pensare che colui che batte i chiodi, colui che crocefigge, porti anch'egli ai polsi e ai piedi le stigmate del mondo, molto lontano dall'universo.

dobel  11/09/2010 09:34:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Hai perfettamente ragione: le religioni, purtroppo, spesso amano più il loro dìo che non l'uomo. E' un grande flagello che ha provocato solo ulteriore sofferenza all'umanità, una vergogna della quale le chiese non potranno mai liberarsi del tutto. Forse per questo Gesù ammonì: "avevo fame e non mi avete dato da mangiare, avevo sete e non mi avete dato da bere...", "quello che avrete fatto al più piccolo dei vostri fratelli l'avete fatto a me"; poiché è nell'uomo che dobbiamo amare dìo.
Sono totalmente d'accordo con te su questo punto, e non solo su questo.
rinuzeronte  09/09/2011 16:19:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Perbacco, finalmente una discussione !

Ora mi piacerebbe sapere da entrambi cosa pensate del film "The Addiction" di Abel Ferrara, quando lo vedrete se mai l'avete già visto e se mai lo vedrete.. Grazie ad ogni modo!
dobel  11/09/2011 11:26:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non l'ho mai visto ma cercherò di provvedere. Grazie della segnalazione.
Ciumi  06/09/2010 20:29:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La tua risposta mi suggerirebbe un sacco di domande, ma forse è meglio fermarsi qui.. Intanto mi sono segnato ‘Il presagio’, vediamo con quello come va.
Ciao.
barbuti75  31/08/2010 16:10:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo un commento, che condivido completamente, non posso fare altro che ritenermi soddisfatto per aver insistito nel proporti questo film.
Hai fatto una recensione che penso nemmeno io sarei stato in grado di fare e hai colto ogni piccolo punto della grande forza espressiva di una pellicola che va oltre le logiche aspettative di una semplice visione horrorifica...in fin dei conti alla fine del film potremmo anche chiederci..."Ma ci sarà davvero aldilà una forza buona capace di contrastare tutta questa malvagità"? Se il film è da 9 il tuo commento è da 10 e lode! Grande Dobel! Ma non montarti troppo la testa...prima o poi scriverai qualche caz.zata e io sarò li implacabile come la peste a farti le mie ramanzine ;-)
dobel  31/08/2010 17:10:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anch'io ti aspetto al varco...