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MATCH POINT regia di Woody Allen

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kafka62     8 / 10  28/02/2018 09:32:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'inquadratura che all'inizio di "Match point" mostra il protagonista Chris che legge un libro di Dostojevskij non è casuale, ma ha una funzione eminentemente segnaletica: il film di Allen si aggira infatti nei paraggi di "Delitto e castigo" (da cui prende addirittura diversi dettagli dell'uccisione della vecchia usuraia per descrivere il primo omicidio di Chris), anche se, ovviamente, con una morale ed una conclusione diametralmente opposte, al punto che ben potrebbe intitolarsi "Delitto senza castigo". Il pessimismo cosmico del regista non è molto cambiato dai tempi di "Crimini e misfatti": come il Judah del film di sedici anni prima anche Chris uccide l'amante che minaccia di distruggere la serenità del focolare domestico, e come il suo precursore anche lui la fa franca con la giustizia (e probabilmente anche con la propria coscienza). In assenza di una legge morale a governare l'universo e a guidare la vita degli uomini, non c'è più alcun freno che impedisca il compiersi degli atti più terribili (siano essi l'olocausto o un omicidio), e ciò che decide del successo e della felicità delle persone non è più la virtù bensì la mera fortuna. La pallina da tennis che all'inizio della pellicola rimbalza sul nastro della rete può cadere da una parte, e assegnare la vittoria, oppure dall'altra, e decidere la sconfitta. E' il trionfo del caso, a scapito non solo del destino (che in mancanza di un dio non può esistere) ma anche della presunzione dell'uomo di dirigere e controllare il corso della propria vita: l'anello della vecchia assassinata gettato via da Chris infatti rimbalza (con un'immagine analoga a quella della pallina) sul bordo della ringhiera e ricade sul marciapiede anziché finire nel fiume; sembrerebbe la fine delle speranze di impunità del giovane omicida, ed invece – con un inatteso colpo di scena – questo contrattempo sancisce la sua fortuna, in quanto la scoperta dell'anello nella tasca di un tossicodipendente trovato morto dalla polizia, scagiona definitivamente il vero colpevole.
In modo molto meno didascalico di "Crimini e misfatti" (qua non ci sono rabbini ciechi o filosofi suicidi), "Match point" è un lucido e incalzante teorema sull'amoralità del mondo. Date le premesse, ha ragione Chris quando dice al futuro cognato che in questa vita è la fede, e non la disperazione, la soluzione più facile. Infatti, paradossalmente, sarebbero proprio la vittoria della giustizia e la condanna del colpevole a rappresentare (come dice il protagonista alle due donne morte apparsegli in sogno) un segno di speranza, a far balenare la possibilità che sia ancora possibile dare un significato all'esistenza umana. Ma ciò non avviene. E' curioso come sia lo stesso Chris a racchiudere in sé il duplice ruolo di motore consenziente della storia e di portatore del punto di vista cinico e disilluso del regista, generando in tal modo nello spettatore una sorta di effetto straniante (egli è contemporaneamente uno spregiudicato arrampicatore sociale e insieme un silenzioso detrattore dell'ambiente in cui ha scelto di vivere), che arriva fino a una complice simpatia (sotto sotto si spera in platea che Chris non venga arrestato).
Era da molti anni che Woody Allen non appariva così in forma, almeno dal 1994 di "Pallottole su Broadway" (anche lì guarda caso c'era un omicidio risolutore). Ed è significativo che Allen sia tornato ai suoi fasti migliori proprio nel suo film in qualche modo meno "alleniano". Certo, la morale, come si è visto, è tipicamente sua, così come la musica lirica che contrappunta magnificamente la storia, o il meccanismo ad orologeria della sceneggiatura, che come sempre è cesellata nei dialoghi e nei tempi fino al perfezionismo. Ma l'ambientazione londinese della storia è del tutto inedita, e parimenti una dark lady provocante e sensuale come la Nola di Scarlett Johansson (con tanto di frenetici amplessi in mezzo alle spighe di grano o di camicie strappate con le unghie) non si era mai vista nei suoi film. Anche il coté intellettuale, per quanto presente (i personaggi visitano con regolarità mostre d'arte contemporanea, vanno al cinema e assistono a rappresentazioni d'opera o di musical), appare in subordine rispetto ad altri aspetti (tanto è vero che Jonathan Rhys-Meyers, come la Johansson, è un giovane rampante, affascinante e sportivo, del tutto privo delle tipiche idiosincrasie alleniane). Queste novità sembrano aver fatto bene a Woody Allen, che si è liberato una volta per tutte dei suoi birignao, realizzando un film al tempo stesso denso e scorrevole, d'autore e di genere, e a cui sono parse congeniali persino le atmosfere patinate del mondo wasp della famiglia di Chloe e di Tom, fatto di partite di caccia alla volpe e di cene a base di tartufo e caviale in ristoranti chic.