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POSSESSION regia di Andrzej Zulawski

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Yosseph     8 / 10  20/06/2010 14:07:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pretenzioso e confuso dramma metaforico mascherato da horror, il Possession di Andrzej Zulawski è una tela di celluloide impermeata di un intenso tormento emotivo, tale da esser capace di "scoraggiare" efficacemente l'unione coniugale, e non è un mistero che il film derivi direttamente dalla vita del regista, riflettendo la separazione e il divorzio dalla sua prima moglie.
Possession potrebbe essere interpretato e allegorizzato all'infinito, indipendentemente dal reale scopo significativo di una qualsiasi scena, ma Zulawski ha naturalmente (e scherzosamente) tenuto chiusa la bocca su tutto.

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Sostanzialmente, Mark (Sam Neill) e Anna (Isabelle Adjani) sono una coppia sposata già sull'orlo del divorzio; quest'ultima abbandona il marito e il suo amante (Heinz Bennent) per

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, clamorosamente responsabile di una cancrena coniugale melodrammatica.
Zulawski inscena un capolavoro di incarnazione formale di idee che sfociano oltre le barriere logistiche, accentuando la nudità di emozioni esposte come ferite sanguinanti. Il risultato è stato così inquietante che ha provocato l'ira del censore (tre le versioni dell'opera: una americana, una francese e una inglese).
Il concetto di base è abbastanza chiaro:

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L'implicazione ovvia è che la dissoluzione del nucleo familiare può generare un mostro. Considerato che l'azione si svolge a Berlino, che è diventata una città apocalittica e spaventosa, la minaccia del mostro, senza che sia chiaramente definito, cristallizza tutti i demoni e le paure di un paese a cavallo tra due epoche.
Al di là dell'intelligenza stilistica di regia (Zulawski gestisce un dinamismo visivo impressionante), è il coinvolgimento di soggetti in condizioni di estrema sofferenza che conferisce al film un surplus di ambiguità.
Possession è l'allegoria di un disorientamento spirituale e affettivo; "la Adjani tenta, come disperato ancoraggio della propria deriva, di entrare in contatto con la parte più profonda e oscura di sé stessa al solo scopo di realizzarsi totalmente, di essere pienamente sé stessa e totalmente fedele a sé stessa, e dunque di sottrarsi all'inautenticità della vita affettiva, ai rapporti con gli uomini che la reclamano e che la vorrebbero per sé, alla famiglia, insomma a tutto ciò che minacci di allontanarla da sé stessa, dalla sua parte più autentica." (maldoror).
La possessione non è intesa come frutto di una parvenza demoniaca, ma è il desiderio incontrollabile dei personaggi principali di possedere l'altro fisicamente e spiritualmente.
Zulawski vuole mostrare che l'amore diventa, in definitiva, un viaggio verso l'inferno, e ci riesce magistralmente, catturando, per mezzo di una forza visiva estrema e ricercata, la decomposizione e l'atmosfera malata del suo universo ermetico.
Fantastica la performance degli attori, ma colossale è soprattutto la prova della Adjani, immersa completamente nell'isteria della parte.

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