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DODES'KA-DEN regia di Akira Kurosawa

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Crimson     9 / 10  31/10/2005 00:53:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A distanza di anni Kurosawa con questo film è tornato al crudo realismo dei suoi primi film (su tutti "l'angelo ubriaco"). Una scelta impopolare che da quel che mi risulta gli valse solo noie con la casa di distribuzione..guai che lo portarono al tentato suicidio.
Questo film, senza troppi giri di parole, è semplicemente stupendo! si svolge tutto in una baraccopoli, in cui vengono narrate diverse vicende, che hanno come tema di fondo il potere dell'immaginazione, del sogno. Questo è tutto ciò che hanno a disposizione i protagonisti per sfuggire quotidianamente alla loro realtà di degrado e povertà. Desideri incarnati in misura maggiore dal ragazzo che appare all'inizio e alla fine del film in particolare, e a tratti nel mezzo. Un ragazzo ossessionato dal treno, ne ripropone il movimento con una mimica straordinaria e cammina tutto il giorno con in testa sempre e solo la propria voglia di libertà, di correre e fantasticare.
Tra le storie, spiccano a mio avviso quella con protagonisti padre e figlio e quella della ragazza che vive con lo zio.
Padre e figlio vivono in un'auto semidistrutta, e tramite l'immaginazione costruiscono la casa dei propri sogni. In realtà è il padre il vero artefice di tutto. E' talmente immerso nell' idealizzazione del proprio mondo che prende distacco dalla realtà. Il figlio pende dalle sue parole, sì per lui costruire con l'immaginazione una bellissima casa sfarzosa è divertente, ma è ancora ancorato ad una visione della vita come sacrifici e lotte per ottenere da mangiare (mendicando nei ristoranti). Pende dalle labbra del padre a tal punto da morire per un'intossicazione da pesce che il padre consiglia di non cuicnare ritenendo (erroneamente) che si tratti di merluzzo già marinato.
L'altra storia che mi preme sottolineare è appunto quella della ragazza timidissima, che vive con il proprio zio adottivo che abusa di lei. Ella è perennemente una persona imprigionata dalla propria realtà. Non immagina, non scappa. E' talmente assuefatta dal proprio vortice vizioso di faccendine domestiche e nulla più da non riuscire a ricambiare le attenzioni del giovane lattaio verso il quale in fondo prova qualcosa. Sembra volergli comunicare "non posso scappare dalla mia esistenza". Così prova ad ucciderlo sfogando verso di lui la rabbia provata per lo zio (un gran bastardone vigliacco): spostamento inconscio dell'oggetto della propria profonda rabbia verso il proprio amore nascosto.
Il vero antieroe è il vecchio saggio: una persona di una positività inaudita, capace ad esempio di dire ad un uomo ubriaco che semina il panico tra la gente con una katana "dammela a me..tu sarai stanco..prendo il tuo posto". O di perdonare un ladro che ruba in casa sua dicendogli "ruba pure i miei soldi ma non i miei attrezzi da lavoro".
La solita grandissima umanità dell'Imperatore.