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L'ANNO SCORSO A MARIENBAD regia di Alain Resnais

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denial     9 / 10  28/09/2010 20:10:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Alain Resnais, con la sceneggiatura firmata da Alain Robbe-Grillet, concepisce un film che pone sullo schermo le tecniche letterarie del "nouveau roman". Lo scrittore francese, già autore del capolavoro "La jalousie" in cui il lettore diviene parte integrante del romanzo in quanto spettatore-voyeur, nascosto dalle stecche della gelosia, accompagna Resnais in questo esercizio di stile accurato ed elegante. Freddo.
La storia, semplice ed essenziale, è attraversata dalla suggestione delle parole che hanno il compito di traghettare in una realtà altra da quella del vissuto, in un sottile gioco nel quale sta all'ossessività delle stesse il compito di creare il ricordo. All'interno di un albergo, quanto mai barocco e ricercato, si muove il misterioso protagonista maschile, senza nome e senza storia, che riecheggia un passato mai vissuto (forse solo sognato o desiderato), ad una donna che, come lui, sosta fra quelle stanze. In mezzo a loro personaggi altrettanto enigmatici oppure totalmente insignificanti che si scorgono appena.
La cinepresa è il nostro stesso occhio e con essa, percorriamo infiniti corridoi, "tra i muri carichi di intarsi, stucchi, sculture, quadri", in cui le parole si perdono o si odono appena, senza che esse abbiano un reale significato, come i discorsi captati involontariamente e di cui ci scordiamo immediatamente il senso ma che restano come suoni che si ripetono senza sosta.
Le inquadrature sono tutte essenziali a creare l'atmosfera lugubre e priva di respiro, a rendere il tutto pesante e insopprimibile. Fotogrammi su fotogrammi che accompagnano le parole e con esse si confondono per darle un sostegno d'immagine da cui far scaturire il vissuto, tramite l'ossessione, che alimenta il dubbio che siano invece i nostri ricordi ad essere inesistenti.
Personalmente, mi trovo in difficoltà a tradurre attraverso un voto le forti impressioni destatemi dalla pellicola, tuttavia non posso fare a meno di assegnargli un nove. Ogni altro aggettivo, anche elogiativo, risulterebbe superfluo.