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SPIDER regia di David Cronenberg

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Invia una mail all'autore del commento make     7 / 10  20/06/2003 03:16:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo le mutazioni carnali o gli intrighi irrisolti da metacinema di eXistenZ, Cronember ci presenta un film morbosamente claustrofobico dove il confine tra finzione e realtà tende sempre più a confondersi: un lento e lungo viaggio verso l'ignoto, un lento e lungo viaggio verso l'oscura profondità della psiche. E come una tela di un ragno Cronemberg ci presenta il suo mosaico di allucinazioni cerebralmente assemblate per configurare l'evoluzione di un'inquietudine ancestrale che conduce alla follia. Un film controverso e discutibile proprio per la sua chiave di lettura: trasferire sulla celluloide le paranoiche architetture percettive ed emotive di uno schizofrenico. E' una provocazione psicologica e intellettuale che sfida la sensibilità dello spettatore sin dall'inzio, con il test di Rorschauach dipinto sui muri scrostati del manicomio che accoglie Spider, le cui macchie, variabilmente interpretabili, stabiliscono a priori l'intento di Cronemberg e la sua volontà di visionare l'invisionabile e comunicare l'incomprensibile attraverso la cruda penetrazione nel corpo e nella testa di un malato di mente. La trama, ispirata al romanzo omonimo di Patrick McGrath, ambientato in un manicomio inglese, rimane in questo caso un espediente per vivisezionare la psiche umana e il suo profondo enigma. Lo spettatore vede Spider attraverso gli occhi di Spider che diventa allo stesso tempo attore e regista del suo set, il suo passato, la sua intricata memoria. E così da bambino "testimone" dello pseudo e brutale matricidio del padre, diventa, anni dopo, coraggioso mendicante di verità che lo costringerà a spezzare i fili della sua tela di menzogne per ri-scoprire il suo losco passato. Ciò che importa è la modalità scelta da Cronemberg, attraverso il suo evidente ermetismo bordeline, per ridare vita alla "realtà" del protagonista: i nostri occhi sono i suoi occhi che visionano, le nostre riflessioni sono la sua mente che ci guida, mentre è Spider stesso che assiste fisicamente al suo passato dove la memoria non supera mai i confini dell'allucinazione: crolla l'oggettività della storia, emerge la soggettività del ricordo. Da cornice, una Londra dipinta attraverso i suoi quartieri più fatiscenti, presieduti dall'imponenza di un gasometro, fondamentale elemento di raccordo nella trama del film, mentre le musiche di Howard Shore evidenziano la nitida fotografia e gli anfratti nascosti attraverso pieghe rimosse, se non lacerate dal tormento, che solcano il volto di Ralph Fiennes. Si deduce quindi che il viaggio di Spider non sia stato in realtà altro che il Grande Ritorno (come ci ricorda anche l'ultima scena del film), perchè solo rivedendo i luoghi della sua infanzia e solo rivivendo il perfido gioco ad incastro, quel puzzle, più volte costruito mediante gli enigmi di una memoria travisata da traumi adolescenziali, è riuscito a raggiungere la clamorosa e progressiva consapevoleza della totale identificazione tra presente e passato, tra ricordi vissuti ed immaginati che hanno comportano l'inevitabile sbocco edipico verso la follia.
Invia una mail all'autore del commento MASSI DJ  07/07/2003 02:08:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
BOIA Dè! SEI MEGLIO DI SGARBI TE!
Invia una mail all'autore del commento make  11/07/2003 15:17:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non so se devo prenderla come una critica ironica o un complimento....spero la seconda altrimenti.....va bene lo stesso!!!
grazie ciao
Invia una mail all'autore del commento Caio  29/12/2005 02:46:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
complimenti, un'analisi accurata e profonda. Una sola cosa: ho trovato diverse chiavi di lettura in questo film. Mi spiego: il matricidio così come l'ho inteso io non è avvenuto nella realtà, ma solo nella mente di Spider. Piuttosto che accettare che sua madre fosse in realtà una prostituta, la sua mente la uccide e la sostituisce con una donna mostruosa che fosse il contrario di ciò che per lui era la madre.