JOKER1926 6½ / 10 06/05/2013 12:54:18 » Rispondi L'alone che circonda il film di Gary Fleder , "Cosa fare a Denver quando sei morto", vive in una determinata fattispecie vincolata al pulp. Oltre i parametri stabiliti per quanto concerne la narrazione, insomma una storia caotica legata a vicende losche fra uomini appartenenti alla mala; vengono fuori, in modo del tutto consequenziale, personaggi "tarantiniani" personificati da attori tagliati per la parte. Andy Garcia, ad esempio, è il Vincent Vega della situazione, l'attore richiama appieno John Travolta in "Pulp Fiction"; anche Gabrielle Anwar recita benissimo nella parte della donna del "santo", storia poetica e spezzata sul più bello… "Cosa fare a Denver quando sei morto" offre il meglio nella prima parte del film, l'introduzione dei vari e stravaganti personaggi in scena è sicuramente molto buona. In linea di massima la sceneggiatura è bilanciata con la narrazione; gli eventi caricaturali riescono a farsi apprezzare grazie ad una logicità di sviluppo. Questo nella prima parte. Nella seconda porzione di film le cose sembrano cambiare, e non di poco. La narrazione infatti subisce un evidentissimo appiattamento, rimane in piedi solo la sceneggiatura che detta, purtroppo, le regole della confusione. Gli eventi diventano esagerati e pure ripetitivi. Persino la poetica (ma sbriciolata) storia fra i due personaggi vive fasi rocambolesche ed estremamente ingrovigliate. Si giunge ad una chiusura abbastanza soporifera, la regia cerca l'impennata nel drammatico ma senza ottenere risultati buoni. Quello di Fleder è un prodotto da vedere, ripropone atmosfere gangster con dinamismo e ironia oscura, fra pregi e difetti riesce a comunicare qualcosa al pubblico. Con più lucidità poteva venire fuori altro, ma questa è un'altra storia!