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L'ESTATE DI KIKUJIRO regia di Takeshi Kitano

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julian     8 / 10  07/03/2010 02:50:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Alle elementari le maestre ci portavano ogni tanto a vedere un film di recente uscita al cinema, così per spezzare la monotonia della scuola di quando in quando. Vedemmo Flubber, George re della giungla, Un topolino sotto sfratto e.... L'estate di Kikujiro. Quando infatti i responsabili del cinema proposero la pellicola alle insegnanti, allegarono una breve descrizione che ne parlava semplicemente come un educativo film sulla bizzarra estate di un bambino che impara a crescere. Niente di sbagliato, solo si erano dimenticati di dire del volgare protagonista, della scena della tentata violenza su Masao e di qualche nudo qua e là. Fu un'esperienza simpatica, mi erano rimasti sparsi ricordi ma ricordo soprattutto che le maestre ne furono scandalizzate e ricevettero le scuse dal cinema. All'uscita, si può immaginare, noi bambini eravamo tutti eccitati per quel che avevamo appena visto.


Rivisto oggi; nessuna novità nel plot, anzi se uno dovesse leggerlo apparirebbe chiaro che è abbastanza facilotto: bambino orfano (?) con sgorbutico uomo al fianco, alle prese con un viaggio metaforicamente esistenziale, soliti immancabili deliziosi personaggi di contorno incontrati sul cammino. Aggiungiamo poi le musiche, bellissime, ma molto da kolossal americano drammatico.
C'è tuttavia un certo tocco autoriale nel film che ne fa emergere la leggerezza, la delicatezza, specie nella scrittura dei personaggi, in poche parole la genuina poesia, fatta di cose semplici forse ma non banali.
Il viaggio fisico è davvero un pretesto, un simbolo e chissà se sia stato affrontato: si nota che vengono dati pochissimi connotati spaziali (solo la città di partenza e la meta), i due protagonisti sono continuamente dispersi, non hanno niente appresso, il montaggio evita deliberatamente la notte e non si capisce dove (e come) essi dormano. Sembra che tutto ciò non ha importanza, a dimostrare che il viaggio rappresenta un cammino metafisico, quello della vita, dell'esistenza appunto, che è sicuramente duro, ma se affrontato con le persone giuste può apparire più leggero e spensierato.
Kikujiro, e con lui gli altri errabondi viaggiatori che girano anch'essi senza meta (come i due centauri finti duri che si rivelano dei teneroni), riscoprono un nuovo scopo nelle loro vite nel momento in cui queste l'avevano perduto: dare felicità a un bambino triste, un bambino che ha bisogno di figure amiche per ovviare alla mancanza di quelle materna e paterna.
Un film on the road particolare, toccante, tenerissimo e con un Takeshi Kitano MOSTRUOSO.
julian  07/03/2010 03:05:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sto pensando solo ora: è ovvio che si tratti di un film autobiograficissimo.
Se è vero che Kitano aveva affrontato fino ad allora solo yakuza movies allora Kikujiro è egli stesso (tant'è vero che lui lo interpreta), forse membro della mafia giappo a giudicare dal tatuaggio, che intraprende un viaggio a lui inedito, ovvero si catapulta in un genere totalmente differente e più leggero dal suo solito (rappresentato appunto dal bambino).
Cmq i fuoriclasse riescono appieno anche nei campi che non gli competono - a titolo d'esempio mi vengono in mente Marziale, noto scrittore di epigrammi anche volgari, che raggiunse il culmine poetico con un delicato epicedio per una bimba morta, oppure Pelè, con all'attivo mille e passa gol segnati in carriera, che giocava bene anche in porta.
Quando uno ce l'ha nel sangue...