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DOGMAN regia di Matteo Garrone

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Terry Malloy     6 / 10  09/06/2018 11:16:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film mi è moderatamente piaciuto, come mi piacciono moderatamente tutti i film di Garrone, compresa quella ciofeca del "Racconto dei racconti". L'unica eccezione che mi sento di fare è per quel capolavoro che è "Gomorra", ma di fatto lì c'era una sceneggiatura inattaccabile e stupenda, di cui merito garroniano è stato avere la maturità di portare in immagini indimenticabili un testo fondamentalmente saggistico.

Dogman ha la stessa struttura tematica di qualsiasi altro film di Garrone. Protagonista ritardato viene bullizzato da un antagonista cattivo, sprofonda in una crisi allucinatoria che lo porta a un atto violento. Questo atto violento in qualche modo lo sublima, tanto che l'ultima sequenza di Dogman è molto simile a quella di Reality o Primo Amore. Nel cinema di Garrone, e in questo film in particolare, non riesco a trovare una scena che mi esalti. È una narrazione semplice che non stupisce. L'unica sequenza davvero magnifica è quella in cui il protagonista salva il cagnolino.

Un film può piacere tanto, ma è difficilmente può piacere a tutti. Questa legge tendenziale sembra non riguardare Dogman. Questo film è piaciuto a tutti, la critica ha serrato i ranghi (specie quella non professionista) e ha già canonizzato come "capolavoro" un film uscito da due settimane. Il pubblico è entusiasta, ma ci sta. Il problema è che i critici esistono apposta per notare e far notare cose come il fatto che se un film piace a tutti, in un'era in cui, per citare Tina Fey, "parlare con chiunque ovunque è diventato un campo minato", forse qualche problema di paraculismo ce l'ha. Lungi da me dire che Garrone è solo questo, ma il fatto che sia ANCHE questo, personalmente, visto che mi vanto di leggere scrittori che normalmente non amano dedicare la propria vita a compiacere il prossimo, mi dà un po' fastidio. Prendi una storia a caso di Garrone: ritardato viene bullizzato da un violento e poi si piglia la sua rivincita (la variante più bella era stata quando il violento era un programma tv). Se ci aggiungi che il ritardato in questione ha una bambina molto carina, un cagnetto fedele, ama i cani (e questa non è per nulla un'epoca in cui i cani sono molto amati dalle persone) e vive in un posto di *****, la torta è pronta per suscitare scalpore. Ma sul serio, ragazzi? Stiamo davvero dicendo che questo è il massimo che il cinema italiano può dare dopo almeno 60 anni di genialità espressa in così tante forme e film che a fare la lista verrebbe un post più lungo di questo?

Un'altra delle ragioni per cui ho parzialmente rivalutato Garrone è stata la lettura de "Il barilozzo di Amontillado. Un saggio?", testo contenuto nella raccolta "Grotteschi e arabeschi" dello scrittore Vitaliano Trevisan, che lavorò con Garrone come sceneggiatore di "Primo Amore", di cui interpreta anche il ruolo di attore protagonista. Uno che insomma Garrone lo conosce bene. La critica di Trevisan è lunga e pesante, nonché difficilmente falsificabile, ma ciò che mi preme è sottolineare della tesi di Trevisan è quanto Garrone sia abile a confezionare storie che piacciono tanto alla borghesia, soprattutto di sinistra, in quanto storie che parlano di umili in chiave psicologico-realistica. Non a caso lo schema "porto un poveraccio a Cannes e racconto la sua lacrima strappa storia" si è ripetuto anche quest'anno. Era già successo per i ragazzini di Gomorra, sui quali Saviano aveva ovviamente scritto un pezzo dei suoi. Sorrentino invece (ma la stessa critica viene rivolta, mutatis mutandis, a Guadagnino) parla di ricchi borghesi imballati di schei, e per loro è anche capace di provare empatia e curiosità, quindi brutto Sorrentino buu, ke skifo i soldi ecc.

Che poi per me Sorrentino e Garrone sono imparagonabili. Se uno discende da Fellini e Moretti, l'altro è più assimilabile alla linea Rossellini-De Sica (il peggior De Sica però), ma il fatto che siamo arrivati davvero (implicitamente) a contrapporli è per me motivo di disgusto e disonestà intellettuale pura, oltre al fatto che uno è immensamente più bravo dell'altro.