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DOGMAN regia di Matteo Garrone

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axel90     8 / 10  04/01/2019 19:50:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Le pellicole di Matteo Garrone sono sempre un lavoro sontuoso tra scenografie (qui decadenti, fatiscenti, vicine ad un stile quasi post-atomico), attori (corpi lontano dall'immaginario di bellezza hollywoodiana, spesso per i più conosciuti si lavora su una trasformazione radicale o si decide di optare per qualcuno proveniente dalla strada) e regia. In questo antro quasi dimenticato della periferia romana, al limitare della spiaggia si muove un microcosmo che sembra lontanissimo da qualsiasi parte del mondo, vissuto da una comunità che sulla superficie sembra pacifica e interconnessa da una mutua solidarietà, ma nasconde un lato violento e rude che è solo sotterrato appena.
La figura di Marcello e Simoncino si elevano per distacco in questo universo dove esiste un equilibrio precario che i due protagonisti non fanno altro che demolire a più passi: il primo di grande cuore, sensibile e legato alle relazioni del quartiere, ma esile non solo nel corpo quanto nella persona, la sua ingenuità e la sua voglia di rendersi importante e di meritare considerazione (il modo in cui si occupa dei cani per presentarli alle mostre canine sembra essere metafora di un uomo alla ricerca di attenzione e apparenza), l'altro completamente folle, ambizioso, prevaricatore, egoista e pronto a non obbedire alle regole imposte nel rione.
Garrone sa imporre una violenza appena accennata a livello fisico, distruttiva in quello mentale. Sa giocare in sottrazione di eventi ma sa accumulare in tensione e follia. Sa rendere elegante il contrasto tra la violenza e la sopraffazione contro la delicatezza, la sensibilità e la genuina tenerezza.