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MANDERLAY regia di Lars Von Trier

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Invia una mail all'autore del commento logical     7 / 10  01/11/2005 00:19:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lars von Trier è un uomo del Nord, programmatico, calcolatore, cinico, violento. Dogville è, al momento, il suo capolavoro. La violenza dell'ipocrisia della democrazia insieme alla mielosa incapacità di farne a meno è bella tanto quanto la scena di Nicole Kidman che rotola tra le mele. In Manderlay lo schema è volutamente lo stesso: astrarre il dramma per evidenziare le componenti patetiche, in senso etimologico, lasciare chi soffre alla sua nuova storia. Questa volta è il povero nero alle prese con le difficoltà della riavuta libertà. Dopo la schiavitù non è facile sentirsi liberi, si rischia di "congelare sotto la finestra" dice Willem Dafoe padre e veggente. La nuova Grace, Bryce Dallas Howard, vuole andare a fondo alla faccenda e tocca a lei sviluppare gli otto capitoli del film.
Stessa meccanica, stesse dinamiche, stesse riunioni; per democratiche alzate di braccio si decide anche l'ora solare e si aggiusta l"orologio. Le lezioni di Grace su come si fonda un paese equo e solidale non vanno oltre la quarta riunione e il senso di distacco e di muta lontananza passano dal suo viso al suo corpo per esplodere nella ripetura catarsi con allontanamento. Senza il profilo perbene e l'occhio sprezzante di Nicole Kidman, Grace perde qualcosa della furia da menade che probabilmente Lars von Trier vorrebbe. Non c'è quell'ansia umida del voler vedere, dello starle vicino, addosso, del farla legare, scuotere, sbalzare come un sacco. Solo un fazzoletto sul viso e la discrezione di un parente mentre racconta un pettegolezzo. Ma il film continua, programmaticamente, a smontare le basi della convivenza civile della cultura occidentale: prima la democrazia, ora l'intolleranza e l'integrazione con lo stesso nichilismo anarchico e liberatorio che fa preferire il disprezzo alla commiserazione o lo stato di natura allo stato legale. Libera ma non trasporta; sono sicuro che la terza tappa contro la civiltà sarà più incendiaria. Lunga vita a chi "non si volta perché a stella è fisso".