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LA FURIA UMANA regia di Raoul Walsh

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Marco Iafrate     10 / 10  30/09/2007 22:24:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non credo si tratti soltanto di affetto e di ammirazione dettati dai ricordi d'infanzia quando i film la Rai li trasmetteva le mattine d'estate alle 10.30 dopo la chiusura delle scuole, e nella programmazione si sceglievano prevalentemente capolavori degli anni '40 e '50 permettendo a noi ragazzi di appassionarci alle gesta dell'eroe di turno che quasi sempre era cattivo, dall'equazione capolavoro+eroe cattivo il risultato è James Cagney, un piccoletto Newyorkese nato alla fine del diciannovesimo secolo, dotato di un'energia e di un carisma che pochi altri attori hanno avuto la fortuna di possedere. Con "La Furia Umana" Cagney ritorna ad interpretare, dopo una parentesi di film più leggeri ( necessari, perchè anche lui ad un certo punto della sua carriera dichiarò che non poteva continuare ad uccidere uomini e picchiare donne, tanto che il suo unico oscar lo ha vinto con un Musical "Ribalta di Gloria"), il ruolo che lo ha fatto diventare famoso: il duro.
La furia umana è Cody Jarrett, un personaggio a capo di una gang specializzata in rapine, qui Cagney tratteggia la figura di un uomo si' violento e spietato ma nello stesso tempo sensibile e romantico, legatissimo alla madre, spietata e cinica almeno quanto lui, e innamorato della moglie. E' una situazione questa che si ripete spesso nei film di gangster, la morale è quella di condannare le gesta del malvivente, ma poi si devono fare i conti con il carisma ed il fascino del protagonista ( Jarrett-Cagney, Piccolo Cesare-Robinson, Scarface-Muni ) che portano inevitabilmente lo spettatore dalla parte del cattivo. Jarrett ha compresso nella scatola cranica un cervello dotato di fine intelligenza (l'autocisterna trasformata in cavallo di ***** ne è un esempio), ma che periodicamente ne fiacca le resistenze fisiche con mal di testa che lo prostrano con violente convulsioni, e qui entra in gioco l'aspetto psicologico del personaggio che non accetta di farsi vedere dai suoi uomini nei momenti in cui gli sopraggiungono le crisi, per lui la malattia è una forma di debolezza, se ne convince anche chi gli sta vicino.
La bellezza di questo film è indiscutibile, uno dei pochi in cui nel protagonista non c'è redenzione, il delirio di onnipotenza è assoluto, si apprezzano particolarmente la fotografia ed i dialoghi molto curati e mai banali, d'altra parte in questo Walsh è stato sempre un maestro. Tutto molto ben fatto, ma che senza il grande James Cagney forse non sarebbe stato tale.