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ANGOSCIA regia di George Cukor

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Dom Cobb     6 / 10  08/07/2018 17:33:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La giovane e ingenua Paula incontra l'affascinante Gregory e se ne innamora così tanto da convolare a nozze con lui; alla fine della luna di miele, con perplessità di lei, il marito suggerisce di trasferirsi entrambi nella casa della defunta zia di Paula, uccisa molti anni prima. Giusto il tempo di arrivare lì, che una misteriosa serie di eventi che si susseguono ogni notte inizia a far dubitare Paula sempre più della propria sanità mentale...
Un altro gioiello cult del genere noir degli anni '40, stavolta è il veterano George Cukor a dire la sua al riguardo, producendo una pellicola che viene anch'essa annoverata da tanti esperti in materia fra i migliori del suo genere. In effetti, sulla carta, questo "Gaslight" (orrendamente distorto il titolo italiano) ha tutte le carte in regola per essere l'ennesimo vincente, fra storie d'amore venate di ambiguità, atmosfere gotiche e tenebrose e anche un po' di sano mistery thriller, giusto per non farci mancare niente.
Fin dall'inizio, il film da l'impressione di mantenere intatte le potenzialità della premessa: la regia di Cukor è ispiratissima ed è coadiuvata magistralmente da una fotografia favolosa ad opera di Joseph Ruttenberg, capace di trasformare una villa vittoriana nell'equivalente di una fortezza gotica e rendere le strade di Londra venate di mistero perfino durante una giornata di sole. I forti contrasti luce-ombra e gli altri classici stilemi portati dall'espressionismo tedesco vengono qui portati all'estremo, rendendo il film una gioia per gli occhi; è uno di quei casi dove il bianco e nero costituisce un elemento fondamentale per la riuscita dello stile visivo, impossibile da replicare a colori. Le musiche di Bronislaw Kaper aiutano inoltre anch'esse a creare l'atmosfera giusta.
Di per sé, anche la storia è congegnata in maniera brillante (o quasi), con l'iniziale idillio dei due sposini che viene progressivamente sostituito dalla crescente tensione per l'apparente insanità mentale della moglie. Sotto questo aspetto, gli attori fanno la parte del leone, con Charles Boyer che svetta su tutti gli altri, carismatico e mefistofelico, supportato dalla sorprendente prova dell'esordiente Angela Lansbury, futura signora in giallo. Cotten invece resta un po' in disparte, merito anche del risicato screentime che gli viene riservato.
Arrivati a questo punto, dopo quella che è stata essenzialmente una serie di elogi sfrenati, vi starete forse chiedendo perché, alla luce di questi pregi, io mi sia deciso per un voto così basso; ebbene, il motivo è da ricercare nell'unico, enorme, gargantuesco difetto che ho trovato nel film. Potete indovinare quale, visto che è l'unico che ancora non ho menzionato: Paula, ossia Ingrid Bergman. Badate, non metto in discussione l'abilità dell'attrice, che oltre ad essere un'icona di bellezza femminile per una buona ragione, dimostra qui capacità non indifferenti considerato il ruolo che è chiamata ad interpretare. Il punto è che il suo ruolo è, per farla breve, un insulto all'intelligenza umana.
Come era stato il caso per "Rebecca", anche qui la protagonista si rivela il solo anello debole della catena, ed è talmente debole da far quasi crollare tutta la baracca, per motivi simili eppure diversi: la protagonista del film di Hitchcock si limitava ad essere passiva e paurosa all'inverosimile, mentre qui si va nella direzione opposta. Paula è l'apice dell'ingenuità, delle urla e degli strepiti, delle scenate melodrammatiche e dei piagnistei; più il tempo passa, più ogni singolo evento le causa un attacco isterico che sembra non voler finire più, annullando qualsiasi empatia lo spettatore potrebbe avere per la sua situazione. Il dramma vero, però, è che il suo personaggio, oltre ad essere tutto ciò che ho appena descritto, per tutta la durata del film non mostra la benché minima intelligenza, forza interiore o minima capacità di ragionare.


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Qui inoltre viene messa in mostra l'unica pecca nella regia di Cukor e, più in generale, nell'impostazione della trama: infatti, una storia come questa aveva il potenziale per esser trasposta in un sublime thriller psicologico, in cui lo spettatore viene calato letteralmente nei panni della protagonista che crede di uscire di senno in seguito agli strani fenomeni che si susseguono nella casa. Invece, fin dall'inizio ci viene mostrato che è tutto una messinscena, che il marito è il vero "cattivo" della vicenda, che di psicologico nella vicenda ci sono solo le sue manipolazioni nei confronti di Paula. Questo ci permette di stare sempre e comunque due passi avanti rispetto a lei, impedendoci di provare la benché minima simpatia per i suoi attacchi isterici e di panico. Certo, la Bergman fa del suo meglio, e in effetti ammetto di non aver mai visto urla e strepiti così teatrali prima d'ora, ma il suo ruolo non merita tanto sforzo.
E' solo un difetto lo so, ma trattandosi della protagonista principale della storia, quella con il maggiore spazio sullo schermo e con cui dovremmo identificarci, si rivela una mancanza così grave da rendere la visione spesso una tortura. Per fortuna, l'idea di fondo è abbastanza solida, gli attori talentuosi e il lato tecnico sufficientemente curato da meritarsi almeno la sufficienza; e a conti fatti il finale, dove tutta la trama si svela e i nodi vengono al pettine, riesce ad essere abbastanza soddisfacente.


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A conti fatti, "Gaslisght" è un prodotto profondamente contraddittorio: infatti contiene tutti gli elementi ideali per un capolavoro, ma essi vengono in parte annullati da un singolo, grave difetto, che per quanto mi riguarda mi spinge a non volermelo riguardare di nuovo tanto presto. Un'avversione come quella che ho provato nei confronti di Paula è davvero rara da provare per un personaggio, tanto meno per un protagonista.