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LA CASA DI JACK regia di Lars Von Trier

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Terry Malloy     8 / 10  03/01/2019 13:20:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Premetto che il voto non è indicativo di alcunché, questi sono film invotabili.
Ho seguito da sempre il percorso di LVT, uno dei registi più importanti della nostra generazione, del cinema europeo, un artista coraggioso, insondabile, capace di osservare il mostro dentro di noi, a modo suo, non di certo ai livelli raggiunti da Kubrick, ma comunque capace di mostrare cose che sanno toccare delle corde nascoste della nostra mente senza mai scadere nel banale, nel gratuito. Per questo la mia stima verso di lui è come sempre enorme.
In questo film più che il rapporto con la violenza (scontato), LVT mette in scena il suo rapporto tormentato coi simboli, un tema che se può apparire banale, è invece fondamentale per un uomo, e soprattutto per un uomo europeo. Il contrappunto tra il tema, tipicamente americano, del serial killer e quello dell'arte come manifestazione dell'interiorità e come pubblicazione del recondito, in rapporto a un complesso iconico di simboli e immagini di repertorio culturale, è l'aspetto vincente del film. Come al solito LVT si rivela un maestro indiscusso della direzione degli attori, Matt Dillon è mostruoso, gli attori di contorno sono scelti accuratamente come sempre, la messa in scena della violenza sconvolge, ma senza autocompiacimento. Il finale è di una classe che non si può raccontare fino a che non lo si vede. LVT ha raggiunto un livello in cui finalmente lui stesso è oggetto di arte pura, di autocitazione come autobiografia finzionalizzata, la sua testualità è ripresa non narcisisticamente, ma per un tormentato percorso artistico che si riavvolge continuamente su se stesso alla ricerca della macchia sfuggita all'attenzione, della paranoia destabilizzante di non aver costruito che violenza. La dialettica "creatore/distruttore", così tipica del manicheismo americano, è ripresa con intelligenza attraverso 5 incidenti (che riprendono le cinque variazioni trieriane) che mostrano il tentativo dell'artista di sottrarsi a qualunque responsabilità morale. Il contrappunto con le registrazioni di Gould e le immagini dei campi, ancorché didascaliche, sono fondamentali per una concezione cinematografica che va ben oltre le regole del cinema classico americano. LVT è tra i pochi registi che ancora vuole offrire un'idea di cinema diversa da quella dominante. Personalmente l'omicidio n°3 mi sembra il più efficace a livello simbolico, l'alternanza delle immagini di caccia con quelle, macabre, della caccia alla famiglia è tra le cose più riuscite mai viste su uno schermo, almeno da parte mia.