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LA CASA DI JACK regia di Lars Von Trier

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marcogiannelli     9 / 10  11/03/2020 12:47:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oh, io sono un ingegnere. E forse molti di noi diventerebbero serial killer di soli architetti. Chiuso incipit simpatico/inquietante.
Che Von Trier sia un pazzo non ci sono dubbi. Per questo infatti divide tantissimo. Ma che sia capace di parlare di sè e del suo cinema metaforicamente utilizzando un film, beh, questo lo devono ammettere tutti. Ogni "incidente" rappresenta una fase della sua esperienza cinematografica. E ogni momento ha un significato. E tutta la crudezza che lui usa nel cinema per creare un opera artistica, lo stesso fa Jack con i suoi omicidi.
Lars nella sua discesa agli inferi si cita (addirittura fa vedere dei frame di scene dei suoi film), si compiace, gode del suo egocentrismo. Mette in comparazione efferati delitti con opere d'arte riconosciute da tutti.
Abbiamo il primo omicidio (che secondo me non è il primo che vediamo, ma il primo in assoluto), un omicidio in cui Jack non è ancora un killer, si tira indietro quanto più possibile ma poi esplode con una furia repressa. Quello dovrebbe rappresentare gli esordi di Von Trier e la Thurman, la critica che esaspera il serial killer/regista.
Gli omicidi successivi sono premeditati, hanno una ricerca estetica addirittura in un gesto così crudele. Jack si diverte a torturare cerebralmente le proprie vittime, le fa soffrire prima di darle l'estrema unzione. E sono momenti terribili anche per lo spettatore, più che per la crudezza delle scene, soffriamo nell'immedesimarci nella vittima.
Nel secondo vediamo quel suo disturbo nel voler cercare la perfezione così come Jack cerca la pulizia dei luoghi, anche oltre la logica. E lui affronta comunque tutto con un'ironia devastante, specie davanti al poliziotto.
Nel terzo e nel quarto omicidio distrugge i concetti di famiglia e di amore. A modo suo, con le scene e le trovate più "geniali" e allo stesso tempo malate. Ho visto la versione non censurata e si fa fatica in alcuni momenti.
Jack ha un **** incredibile nel non essere scoperto e non è un errore di sceneggiatura, lo fa notare, quasi come a dire che al mondo si è soli e i cattivi sono solo agevolati, nessuno verrà ad aiutarti. Su questo scherza alla grande, lasciando quel tono di amarezza che fa pensare.
Il finale è estremamente leggibile, come il film. Von Trier si punisce di fronte a un Virgilio che gli fa vedere l'alternativa che ha evitato bellamente (i Campi Elisi, l'armonia) per tuffarsi nell'inferno. Virgilio che ci accompagna al commento di tutto il film, per tutto il film. Anche lui è la critica che discute con Lars delle sue opere. Ed è l'ultima interpretazione di Bruno Ganz.
Ho esagerato con voli pindarici nel parlare del significato ma Von Trier è anche regia. Composizione delle immagini oltre ogni livello umano, un montaggio che dà un ritmo calzante, macchina a spalla e riprese geniali alla ricerca dell'estetismo.
Una sceneggiatura che rappresenta una vita, che si spezzetta e si unisce.
Bravissimo Matt Dillon nel ruolo della vita.
Lars voleva disturbare, ancora. Ce l'hai fatta figlio di buona donna.