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BETTY BLUE regia di Jean-Jacques Beineix

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dubitas     9½ / 10  13/07/2017 23:21:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La vita di Zorg viene completamente sconvolta dall'arrivo di una nuova donna, Betty. Seducente, sensuale e stravagante Betty riesce a fare breccia nel suo cuore e i due decidono di vivere insieme. L'amore di Zorg è talmente forte che lo porta ad accettare quel lato di Betty più oscuro, una pazzia dietro la quale si annida il dramma profondo della sofferenza di una esistenza mai completamente soddisfatta, sempre alla ricerca di una novità che possa colmare il vuoto abissale che ha dentro. E' proprio vero, l'amore è cieco. Ma fino a che punto si potrà spingere l'amore che Zorg ha per Betty? L'epilogo, drammatico e struggente, strappa una lacrima anche allo spettatore più stoico, offrendo un climax di colpi di scena che lasciano senza fiato perché ormai è impossibile non immedesimarsi in questa storia d' amore, che per le sue altalenanti caratteristiche ci riporta un po' alla storia di ognuno di noi, all'incertezza profonda del vivere, alla doppia natura dei sentimenti e dell'amore.
L'enorme durata del film, che tocca quasi le tre ore, permette allo spettatore di addentrarsi in un mondo che all'inizio sembra distante e incomprensibile, ma man mano gli diventa profondamente vicino.
Magistrali le interpretazioni di Vincent Lindon e Beatrice Dalle, in un ruolo difficile, ma al quale si rivelano adeguati. Non mancano scene di nudità e sesso travolgente, che quasi ci fanno rimpiangere questo filone di film anni '80, in cui ancora non serpeggiava l'ossessione della censura. A questa libertà registica si accompagna un'ottima fotografia, quella della Francia, vissuta nelle sue varietà, dalla metropoli alla campagna, un ambiente che, insieme ai ritornelli delle colonne sonore, riesce a coniugarsi perfettamente con lo svolgimento del dramma.
In sintesi, Betty blue è un film che fa soffrire e fa gioire, un dramma non troppo pesante perché basato sull'alternazione di scene comiche a scene, invece, di dolore. Un'alternanza che ricorda altri film sulla malattia mentale, come Molly (1999), in cui notiamo il ritratto - seppur diverso- di una persona che dietro l'inutile etichetta di ''malata'' rivela un mondo di bontà e di ingenuità, un mondo in cui è ancora è lecito sognare.