Dom Cobb 7 / 10 04/06/2019 14:23:16 » Rispondi Mentre il mondo sta dibattendo sulla migliore linea d'azione da intraprendere in merito ai cosiddetti Titani -antiche creature primordiali come il ben noto Godzilla- l'agenzia segreta Monarch deve vedersela con il ritorno del più pericoloso di tutti, un drago a tre teste di nome Ghidora, orchestrato da un gruppo di ecoterroristi fanatici... Senza mezzi termini, questo seguito del capostipite del 2014 è un film più o meno della stessa qualità del predecessore, anche se intrattiene e funziona per motivi molto diversi. Se il film di Gareth Edwards prediligeva un approccio slow-burn in stile quasi hitchcockiano, concentrandosi sulla suspense e sul dramma umano più che sui mostri titolari, qui invece siamo di fronte a una scarica di adrenalina dall'inizio alla fine, uno sconvolgente spettacolo che si basa su una gloriosa fotografia, effetti speciali impeccabili, una colonna sonora epica e scene d'azione mastodontiche. Il ritmo elevato e la frequenza con cui si viene bombardati da scene di dimensioni gargantuesche e un sound design davvero notevole permettono di ignorare o quanto meno limitare gli inevitabili problemi di scrittura. Ora, è doveroso premettere che elementi come realismo o sincere, genuine emozioni che non rientrino nel campo dell'eccitazione e dell'entusiasmo non hanno nulla a che vedere con film di questo genere; i personaggi umani sono abbozzati in maniera alquanto superficiale, le loro sottotrame sono senz'altro troppe e in più di un punto impediscono una visione perfettamente fluida.
Fra i membri della Monarch, ci sono minimo due o tre personaggi che avrebbero potuto essere tagliati o combinati in un unico personaggio, e altri come i militari o il comandante della "fortezza volante" sono assolutamente inutili. Anche il mitico Charles Dance, il Tywin Lannister del Trono di Spade, viene utilizzato poco, dato che per la maggior parte del tempo se ne sta lì a parlare con la sua solita faccia seria, senza mai rappresentare una vera, tangibile minaccia.
Però lo spazio riservato tutti loro è comunque sufficiente a creare un minimo di empatia, e questo grazie anche a degli interpreti efficaci: tutti fanno un buon lavoro, e a spiccare sono Kyle Chandler, padre tormentato, Millie Bobby Brown figlia alienata ma tutt'altro che indifesa, e il solito Ken Watanabe, cui basta un semplice sguardo serio e cupo per rubare la scena. Inoltre, la scelta, dovuta anche se convenzionale, di incentrare il fulcro delle vicende umane su un dramma famigliare, funziona abbastanza come filo conduttore dal primo al terzo atto. E fa piacere notare come uno degli aspetti più interessanti del film precedente venga portato avanti in maniera forse non proprio originale, ma comunque efficace nel suo contesto.
Le tematiche a sfondo ecologista fanno nuovamente capolino qui e là, sebbene sarebbe stato meglio concentrarsi su di esse con maggiore convinzione; inoltre, ai famigerati Titani continua ad essere conferita una sorta di personalità capace di renderli più che semplici mostri senza cervello atti solo a distruggere per il puro gusto di farlo (in tal senso, la scena fra Godzilla e il dottor Serizawa è forse il momento più riuscito).
Per il resto, si rientra nei parametri tipici del blockbuster hollywoodiano: la regia raffinata di Edwards viene messa da parte a favore di quella più concitata e meno sicura di Michael Dougherty, e la maggiore cura nella rappresentazione delle dimensioni e del peso fisico dei mostri viene sacrificata a favore di un più alto tasso di azione, spettacolarità e distruzione urbana. Non è necessariamente un male però, visto che tutto ciò viene realizzato con competenza, passione e un evidente rispetto per i numerosi decenni di storia del franchise, cui io personalmente sono estraneo. Alla fine, i vari pezzi del puzzle vengono messi insieme in modo sufficientemente organico e il tutto, stranamente, funziona. Le forzature ci sono, ma non danno fastidio perché uno, in qualche modo, quasi se le aspetta da un film simile; i problemi soliti del cinema americano d'intrattenimento degli ultimi vent'anni sono presenti (ritmo troppo veloce, mancanza di peso emotivo, troppi personaggi e trama troppo complicata), ma ormai vengono accettati come la normalità, quindi non è una sorpresa; forse, la parte migliore è che, caso unico per un film che fa parte di un universo cinematografico, non bisogna aver visto nessuno degli altri film per capire cosa sta succedendo. Magari è un pelino inferiore rispetto al predecessore, ma, preso a sé, svolge bene il suo compito di intrattenere senza troppe pretese.