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ORDET regia di Carl Theodor Dreyer

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9½ / 10  23/12/2006 14:30:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fondamentale viatico e fonte ispirativa per "le onde del destino" di Von Trier, è, insieme al "diario di un curato di campagna" di Bresson uno dei pochi film che testimoniano la reale condizione della spiritualità nella vita.
Ancor oggi astruso nel suo metaforismo (cos'è la fuga di Johannes? Perchè si crede l'Eletto? E' pazzo o Santo?) è un film intensissimo e struggente, uno dei veri incantesimi della storia del cinema, con la capacità di Dreyer di rendere "miracolosa" , "sacra", una fonte profana come quella della perdita di speranza, di D.io, della fede e della salute mentale
amterme63  11/01/2007 23:33:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non ho visto Onde del Destino, ma a me questo film ha ricordato soprattutto Stalker. Visioni diverse che s’incontrano e discutono fra di loro, tutte alla ricerca del senso ultimo delle cose, tutti che pongono su di sé il pensiero collettivo e universale della storia umana. Tutti però che rimangono chiusi nella loro cerchia, fatta di sfiducia, di cedimento ai limiti del reale, nessuno vuole credere o avere speranza in qualcosa di grande, nessuno ha il coraggio di entrare in una dimensione “divina”, nessuno vuole varcare la soglia della Stanza dei Desideri al centro della Zona. Questo grande passo lo ha fatto invece Johannes in Ordet. Lui si è preso addosso questo enorme fardello di vivere e operare come avrebbe vissuto e operato Gesù duemila anni fa. Dreyer cerca di rappresentare al meglio questa lacerazione in Johannes fra la forza del divino e la debolezza dell’umano, che ancora lo attanaglia. Lo si vede che cammina tutto storto, che è quasi innaturale, che si esprime solo con delusioni e lamentele. L’esperienza del primo tentativo fallito di resurrezione gli fa capire che ancora non è pronto, che non è ancora convinto di se stesso. Per questo scappa. Poi qualcosa succede, la sicurezza ritorna in Johannes e non si sente più scisso. Quando ritorna nella stanza mortuaria è sicuro di se, è “guarito”, si comporta in maniera normale e grazie all’aiuto dell’unica persona che crede nella realizzazione di ciò che comunemente si crede impossibile (simbolo di tutto ciò che è utopico), cioè una bambina, riesce, è in grado di compiere il “miracolo”. Lo stesso finale di Stalker, se ricordi bene. Ho cercato di spiegare come vedo Johannes nel mio commento, spero si capisca. Tra l’altro nello Johannes della scena finale, Dreyer aveva intravisto – secondo me - come rappresentare Cristo nel film che purtroppo non è mai riuscito a fare. Sarebbe stato il film più rivoluzionario sulla vita di Gesù.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  11/04/2007 00:55:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Beh devi contare che questo film l'ho visto parecchi anni fa, tanti particolari che tu citi benissimo mica li ricordo... pero' onestamente l'ho amato tantissimo, ci ho trovato qualcosa di "enorme", dentro.
E ti diro': è anche l'ultimo Dreyer che ho visto, rimediero'
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  09/12/2007 21:39:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Volevo dire l'"unico film di Dreyer mai visto"