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LETTERA DA UNA SCONOSCIUTA regia di Max Ophüls

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amterme63     8½ / 10  04/05/2009 18:11:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il genere del melodramma è uno dei più difficili da trattare al cinema. E' molto facile cadere nel patetico e nel lacrimoso fine a se stesso.
Ci sono però autori che riescono a trattare questo tema strausato, magari usando anche situazioni e storie che possono apparire stereotipate, e allo stesso tempo dare la sensazione di verità e profondità di sentimento. Uno di questi è Max Ophuls.
Il suo segreto è lo stile. Quello che fa la differenza è il modo in cui viene presentato questo tipo di storia, cercando di distaccare lo spettatore da quello che vede. L'effetto è quello di analizzare i sentimenti dei personaggi, assistere ai loro effetti, piuttosto che immedesimarsi e annullarsi emotivamente in essi.
Il primo accorgimento è quello di complicare la progressione narrativa della storia. Nei film che ho visto fino ad ora (oltre a questo, Lola Montes e Il Piacere) si fa un uso costante del flashback. Si confronta sempre una situazione presente, magari triste e problematica, con il suo svolgimento passato. C'è sempre un pensiero "altro" rispetto a quello che si vede, che spinge alla considerazione oggettiva.
In questo film poi assistiamo a una storia immaginata da un personaggio tramite le parole scritte da un altro. Quello che vediamo è l'immaginazione del protagonista maschile che ricorda o ricostruisce situazioni raccontate in una lettera da una persona di cui fino a quel momento non ricordava più nemmeno l'esistenza. Questo crea contrasto e dialettica e arricchisce notevolmente l'effetto di potenza e forza che hanno i sentimenti in questa storia.
Altro mezzo è il gioco della mdp che gira spessissimo intorno ai personaggi e agli ambienti, creando la sensazione di stare assistendo da spettatori esterni a quello che avviene. C'è da dire che Ophuls qui subisce il fatto di girare il film a Hollywood. Rispetto ai film francesi ricorre con molta più frequenza al primo piano. Riesce comunque a non farlo diventare troppo predominante e a idealizzare troppo le figure che inquadra. Anche la recitazione degli attori è molto più controllata e naturale rispetto agli standard americani dell'epoca. Joan Fontaine si adatta benissimo al ruolo di bambina ingenua e sognatrice prima e di donna decisa a percorrere la sua strada fino in fondo, poi. Recita molto meglio qui che nei film di Hitchcock. Dà un tocco di bellezza e purezza molto naturale al suo personaggio.
La forza con cui Lisa rimane fedele al suo essere interiore, al suo sentimento amoroso puro, nonostante tutte le circostanze avverse (e nonostante il suo amante stesso), è qualcosa che tocca fin nel profondo del cuore e non appare per niente convenzionale.
E' il messaggio più agro che dolce dei film di Ophuls. Dappertutto c'è malinconia, impossibilità di arrivare a amare in maniera completa e definitiva una persona. Forse l'amore stesso esiste solo come sentimento, come legge interiore assoluta, ma non riesce mai a diventare oggetto di vita concreta, a essere appagamento totale e completo. Lo si può solo vagheggiare in maniera nostalgica, magari come oggetto che appartiene a un'epoca passata, come quel XIX secolo che Ophuls riesce a far rivivere in maniera magistrale, in tutti i suoi più piccoli particolari.
Veramente bello e toccante questo film, davvero, e vale la pena vederlo. Complimenti di nuovo, Ophuls.