caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

OLIVER TWIST regia di Roman Polanski

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
frine     7 / 10  03/11/2005 02:07:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Confesso: ero tentata di dare sei, ma ci ho ripensato e non mi è sembrato giusto lasciarmi prendere dalla delusione del momento.
Polanski è uno dei miei registi preferiti. Chissà, forse tra lui e Dickens non c'è alchimia...fatto sta che il film non mi è piaciuto. Non che sia brutto, beninteso...però...
In breve: "Oliver Twist" offre una magnifica, curatissima rappresentazione della Londra ottocentesca, ricostruita anche grazie ad una minuziosa ricognizione di stampe e dipinti dell'epoca (probabile, ad esempio, il riferimento agli scorci londinesi di Giuseppe De Nittis, leggermente posteriori al romanzo di Dickens ma comunque adatti). Benessere e agiatezza della borghesia proto-industriale contrastano duramente con miseria e degradazione degli slums. Manca, tuttavia, a Dickens la profondità di analisi politico-sociale che aveva caratterizzato, ad esempio, l'"Utopia" di Tommaso Moro (anteriore di secoli, oltretutto): lo scrittore ottocentesco rimane infatti sempre in bilico fra l'esigenza della denuncia sociale e la più facile, nonché remunerativa, finalità edificante. Per il povero e diseredato protagonista la salvezza non può che risiedere nella carità di un ricco e generoso benefattore: per gli altri, non c'è che la dannazione.
Nonostante i limiti e le contraddizioni del libro, Polanski avrebbe potuto comunque realizzare un capolavoro. Ma il regista sembra prigioniero del testo, affascinato soprattutto dai suoi risvolti visionari e gotici: così, tra allucinati giochi di ombre e luci, tra colori dissonanti e sinistri, tra lune oscurate e improvvise folgori notturne, il film non decolla.
Il ritmo narrativo è lento, la caratterizzazione dei personaggi poco incisiva (in particolare, il perfido Bill Sykes e il suo tremendo cane non fanno paura a nessuno, anzi sembrerebbero due bonaccioni se non fosse per i tremendi crimini che commettono), ma, soprattutto, manca la tensione drammatica. Notti e nebbie londinesi sono bellissime ma indifferenti, e alla fine poco ci importa di quale sarà la sorte dei protagonisti: fatta eccezione, forse, per il vecchio corruttore di bambini, un Ben Kingsley che da attore maiuscolo quale è scade quasi a caratterista (di prim'ordine, naturalmente).
Qualche osservazione particolare:
1) Il bambino interprete di Oliver assomiglia sorprendentemente a Dickens, quale ritratto in foto e dipinti d'epoca (una indubbia finezza del regista);
2) Durante la visione, mi chiedevo perché diavolo la Saint Paul's Cathedral fosse stata ricostruita per mezzo della CGI, dato che la Cattedrale esiste ancora. Poi ho scoperto che il film è stato girato a Praga.
In conclusione, un'opera realizzata con grande mestiere, ma deludente. Una mia idea: e se Polanski recuperasse "Il dottore e i diavoli", vecchia sceneggiatura di Dylan Thomas?

Invia una mail all'autore del commento jane eyre  03/11/2005 10:07:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
se ci fai caso in dickens stesso non ci sono vere e proprie analisi psicolgiche dei personaggi, ma al massimo rapide caratterizzazioni che rappresentano più tipi umani che uomini veri in carne ed ossa. Lo stesso Oliver è troppo "puro" nonostante abbia vissuto una vita dura, degradante e priva di affetti. Sembra nel libro quasi un figurino che si lascia atraversare dalla storia e dagli eventi senza esserne veramente toccato, elemento questo molto favolistico se ci pensi. Polanski ne ha ripreso i tratti così come ha fatto per gli altri personaggi, però, se ci pensi bene, l'attenzione del regista si concentra volutamente sulla degradazione, sui bassifondi e soprattutto sul personaggio di fagin.
Anche per me il film nn ha un grande ritmo, manca quel climax che invece possedeva l'opera dickensiana volutamente romanzesca e "cattura-pubblico".
Spesso i film tratti da opere letterarie si rivelano spesso freddi, o almeno questa è la ia impressione...
JoJo  03/11/2005 17:30:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma siete sicuri che sia un male quell'assenza di climax continui? Secondo me la cancellazione di quella continua caccia al colpo di scena è stata proprio la molla che ha fatto fare il salto di qualità al lavoro di Polanski. Sì, insomma, un rifiuto del patetismo dickensiano (che, indubbiamente, all'epoca catturava parecchio pubblico) non è forse positivo?
Invia una mail all'autore del commento jane eyre  04/11/2005 20:13:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si, è vero, il patetismo è sicuramente un elemento centrale in Dickens, però a mio avviso è controbilanciato da una giusta dose di humor, così da permettere all’opera di non scivolare mai nello stucchevole. Se pensi ad altre produzioni ottocentesche che assumono l’infanzia a protagonista (la piccola principessa, il piccolo lord ecc.), quella dickensiana è decisamente la più equilibrata, matura, così da risultare tutt’ora molto valida. Per me, come dici tu stesso, Polanski ha fatto bene a rendere più velato l’insistente patetismo del libro, e credo che sia un’operazione più che normale, quasi “ovvia”, visto che al giorno d’oggi certi elementi veramente troppo “pietistici” risulterebbero, per la nostra forma mentis attuale, quanto meno insopportabili!!
I colpi di scena non mi sono mai troppo dispiaciuti: oramai sapresti immaginare le storie di Dickens prive di quegli elementi così eccessivamente e volutamente romanzeschi??

JoJo  05/11/2005 15:00:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Immaginare le storie d'un autore prescindendo dal suo stile narrativo mi par cosa alquanto difficile, e forse non è nemmeno corretta. Sul fatto che i racconti su Lord Fauntleroy & soci siano ancora peggio (almeno da questo punto di vista) non ci piove, ma questa caratteristica della prosa dickensiana m'ha sempre impedito d'apprezzare appieno un suo libro qualunque. E' innanzitutto per questo, difatti, che apprezzo nettamente la riscrittura di Polanski, che difatti ritengo nettamente superiore a quella del libro, anche perché proprio dal punto di vista emotivo, senza quell'ossessiva ricera, l'ho trovata molto più efficace.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  03/11/2005 20:33:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma perchè gente come te scrive sempre così poco? Avercene...
JoJo  04/11/2005 01:39:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Kow... scrivo DAVVERO così poco?
Ghgghghghgh... sì, lo so, non ti riferivi a me... ma piuttosto, riferendomi a colei cui ti riferivi (ovvero a frine, N.d.A.), non ti pare riduttivo definire Kingsley "caratterista" in questo ruolo? Dopotutto, tra lui e Polanski mi sembra che la figura di Faggin sia riuscita in maniera molto sfaccettata, molto più sfaccettata di quanto un caratterista dovrebbe fare.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  05/11/2005 00:35:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi riferivo a lei ovviamente... Kingsley è superbo e non mi pare proprio giusto dargli del caratteristica, comunque... in effetti il Fagin di Guinness era pero' piu' inquietante e molto meno umano
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  05/11/2005 00:36:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi riferivo a Frine ma anche a Jane Eyre non so se si era capito...
frine  05/11/2005 01:18:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho cercato di essere cauta, forse non lo sono stata abbastanza. Ho detto QUASI caratterista, e comunque di alto livello. Stiamo parlando di Ben Kingsley, mica di uno qualsiasi. Però la sua maschera ha qualcosa di grottesco, mentre mi sarebbe piaciuto vedere un Fagin tradotto in figura tragica, uno "Shylock dei poveri", per così dire. Certo, rispetto a Dickens (accusato, a torto o a ragione, di antisemitismo), Polanski cambia direzione e accentua i lati umani e, in qualche modo, 'paterni' dello spregiudicato ladro di bambini, comunque meno odioso della miope e ipocrita assistenza pubblica.
Certo, Fagin si sforza di salvare la vita di Oliver, pur allegando come pretesto il fatto che il piccolo rappresenta una sorta di 'polizza di assicurazione' per la scellerata comunità (ma si intuisce che in realtà gli vuole bene). Continuo tuttavia a pensare che il personaggio meritasse una rilettura più incisiva.
JoJo  05/11/2005 13:37:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse sì, forse no, però credo anche che Polanski non abbia voluto togliere la scena al vero protagonista della storia, ovvero lo stesso Oliver Twist. Se avesse caricato ulteriormente Fagin, sarebbe finito con l'oscurare il bimbo (tra l'altro bravo anche lui) e forse avrebbe anche perso il vero senso di fondo della storia. Vabbeh, punti di vista.
frine  05/11/2005 01:34:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Secondo me, da un'opera letteraria si può ricavare qualsiasi cosa: un capolavoro, oppure un film mediocre.
Tradizione letteraria, storie, romanzi sono un fruibile repertorio cui possono liberamente attingere gli stessi scrittori e, a maggior ragione i cineasti.
Ad esempio, secondo me Polanski ha fatto bene a sorvolare sulla macchinosa vicenda del riconoscimento di Oliver. Eppure , per la società inglese del tempo, l'agnizione era un passaggio necessario per giustificare l'ascesa sociale di un trovatello. E questo lo sanno bene anche i lettori di "Jane Eyre"....;-)
A proposito: che ne pensi delle riduzioni cinematografiche del libro della Bronte?
Invia una mail all'autore del commento jane eyre  05/11/2005 12:55:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Frine,
è vero che di qualsiasi cosa si può fare un capolavoro come una schifezza. Molte volte si è assistito alla capacità di alcuni bravi registi di riattualizzare romanzi dalle tematiche decisamente superate e dagli intenti apertamente moralistici o pedagogici, grazie ad una riproposizione in chiave decisamente più problematica e moderna delle questioni centrali all’opera narrativa. Ad es. rileggere ora il libro Cuore è come avvicinarsi ad un’opera quasi “preistorica”, incapace di poterci parlare ancora di qualcosa, interessante al massimo per potere capire meglio le questioni d’ordine sociale sollevate da un’italia da poco unita.
Se ricordate la riduzione televisiva degli anni ’80 (sbaglio o era di Comencini?) collocava l’intera vicenda del libro al di dentro di un contesto storico più ampio, riproponendola attraverso la memoria di quegli ex-fanciulli dell’allora giovanissima italia unita, costretti, una volta cresciuti, a morire e a combattere durante la guerra del ‘15-18 per quella stessa patria che da bambini erano stati educati (fino alla nausea!) ad esaltare, riverire e rispettare. L’intera vicenda de amicisiana veniva così riproposta dal regista in una luce fortemente critica, riproponendo gli stessi valori e le stesse idee (alqunto retoriche!) esaltate dal libro, sotto una prospettiva di crisi. Dalle certezze che il libro cuore vorrebbe infondere al lettore, si passa invece al messaggio dubbio della pellicola, e il lettore/spettatore non è più colui che viene rassicurato da risposte certe, bensì si vede costrettto ad attivare dentro se stesso la molla dell’incertezza e della domanda, innescando così quel processo intrinseco della vera opera d’arte, che non dà risposte (come invece fa de amicis) bensì pone domande, getta il seme della problematicità del reale.
Ecco, come a volte i film sanno intervenire lì dove l’opera leteraria può risultare carente!
Ovviamente non è il caso di Dickens che ancora oggi è autore che sa suscitare molte domande, ma certamente può subire interpretazioni ogni volta diverse a seconda della sensibilità del regista che ne accoglie l’ancora fecondo seme.


Ps: Jane Eyre l’ho letto ben 12 anni fa e pur essendomi piaciuto tanto non ricordo bene tutto tanto da poterne fare un confronto con le versioni cinematografiche! Ne ricordo vagamente una con elisabeth taylor da bambina oltre che a quella più recente girata da Zeffirelli. Di quest’utima versione ho un bel ricordo: la J. E. di Z. mi è sembrata“molto brontiana”, di bellezza anomala, dallo sguardo fermo, certa della sua forza interiore. Molto aderente al personaggio così come io lo ricordo nella mia adolescenza.

Invia una mail all'autore del commento kowalsky  06/11/2005 23:53:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi sei scaduta su Zeffirelli, che personalmente detesto, ma non fa niente: sei adorabile comunque
frine  11/11/2005 01:00:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Jane Eyre" non mi è sembrato male, a dire il vero...però condivido con te l'opinione generalmente negativa sull'opera di Zeffirelli, molto manieristica ed estetizzante, ma piuttosto vuota. Secondo me Zeffirelli dà il meglio di sé nella regia delle opere liriche.
Invia una mail all'autore del commento jane eyre  07/11/2005 10:24:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
neanche a me zeffirelli piace, ma a mio parere la sua Jane Eyre non è proprio una schifezza....diciamo che rispetto alla versione degli anni '50 del medesimo film . mi è sembrato più asciutto (forse un pò freddo), meno...come dire.....anni '50?!? Oddio, dovrei rivedere quella versione perchè l'ho vista secoli fa...
Un saluto

ps: ma tu che sei esperto di cinema, che ne pensi delle vecchie versioni di film per la RAI a puntate e tratti da romanzi (tipo pinocchio, cuore, poldark ecc) e dirette da bravissimi registi? Se pensi alle riduzioni dei romanzi fatti attualmente per la tv c'è da mettersi le mani nei capelii....mi stavo sentendo male di fronte al "cuore" con giulio scarpati, alla "nanà" con francesca dellera...roba scadentissima, letteratura ridotta a romanzetti d'appendice degni di un elisa di rivombrosa...bleah! Rimpiango quei tempi in cui si avvertiva ancora una certa sensibilità nella cura dei prodotti destinati alla televisione...
frine  10/11/2005 00:34:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che bellezza! Qualcuno si ricorda ancora di Poldark!
All'epoca, Brunella Gasperini lo definì un 'polpettone socialmelodrammatico'. Ma in Italia, la fiction britannica era quasi rivoluzionaria, con quegli splendidi paesaggi della Cornovaglia girati in esterno, con i bellissimi costumi settecenteschi...e con l'affascinante e un po' ironico Robin Ellis , la strepitosa Angharad Rees (Demeltha) e un attore preso in prestito dall'horror (Ralph Bates) per il ruolo del cattivone.
Un felice mix difficilmente ripetibile per la TV....infatti Poldark fu in parte rovinato dal deludente sequel.